L’igienista dentale è una professione poco conosciuta in Italia, tante persone si chiedono che cosa faccia. Noi rispondiamo sempre: gli igienisti sono specialisti della prevenzione.
Il lavoro si svolge prevalentemente nel cavo orale dove si ha la possibilità di fare prevenzione primaria, cioè eseguire tutte quelle manovre che aiutano a prevenire l’insorgenza di patologie come carie e malattia parodontale. Ma non solo: se avete problemi di gengiviti o parodontiti è l’igienista a prendersi cura di voi con terapie non chirurgiche; se volete avere un sorriso splendente sarà l’igienista a consigliarvi per poi eseguire un corretto sbiancamento, infine, sarò sempre l’igienista che insegnerà a voi e ai vostri bambini come prendersi cura di sé stessi ogni giorno.
Quando un’igienista competente svolge un’igiene orale, non fa solo una “pulizia” dei denti. Una seduta di igiene orale è in realtà un insieme di tecniche che l’igienista varia a seconda delle necessità individuali del paziente. Conoscere il proprio paziente a 360 gradi è la chiave del successo delle terapie, per questo sono fondamentali le informazioni sul vostro stato di salute generale, un’attenta osservazione del cavo orale e una accurata diagnosi delle problematiche individuate in cooperazione con l’odontoiatra. Ecco perché è importante, per evitare problemi o per mantenere stabili situazioni già compromesse, avere dei richiami periodici che varino da persona a persona.
Quello che fa è essenziale in ogni fascia di età. Dal bambino all’anziano, ancora di più in persone con disabilità fisiche e/o psichiche. Non bisogna mai trascurare la propria bocca, soprattutto in momenti delicati della vita come gravidanza e menopausa, in presenza di particolari condizioni di salute o cure importanti. Il lavoro principale dell’igienist è fare in modo che riusciate a prendervi cura di voi stessi.
Ecco quindi chi è: è il vostro personal trainer del sorriso. Il suo obiettivo è una bocca sana e bella. Perché alzarsi al mattino potendo sorridere senza disagio di fronte allo specchio è una sensazione splendida. Poter sorridere al mondo lo è ancora di più.
Niente più fatina o topino a cui donare il dentino da latte caduto, ora possiamo conservarli in “banca”. Ebbene si, i denti, come in pochi sanno, nella loro polpa contengono cellule staminali. Se estratte e conservate in maniera corretta, possono aprire nuovi scenari su cure alternative che azzerano quasi totalmente le possibilità di rigetto. Si tratta di una scoperta scientifica davvero rivoluzionaria, che potrebbe fornire cure per molte patologie: Morbo di Parkinson, Sclerosi Multipla, Alzheimer… Per quanto riguarda l’uso delle cellule staminali, la medicina sta facendo piccoli passi, raccogliendo informazioni molto importanti per il futuro. C’è ancora molto da scoprire, ma c’è la possibilità di trovare cure risolutive per malattie attualmente difficili da curare. In Italia parte dal Politecnico di Milano il progetto di realizzare una banca per conservare le cellule staminali del dente. Il costo è relativamente contenuto.
La conservazione, proposta dal Politecnico, consiste in una sorta di “congelamento” del dente, e prevede il recupero della polpa solo al momento del bisogno. Tramite un laser sarà possibile selezionare una porzione dentale senza danneggiare le altre parti che potranno essere utilizzate in seguito. Scende in campo, a sostegno dell’uso di cellule staminali, uno studio condotto in Australia dal “Dipartimento di ricerca sulle staminali”: “Secondo noi le cellule staminali sono in grado di riparare, in parte, i danni subiti dal cervello in seguito a un ictus, restituendo una buona percentuale di movimento perso”, dicono i ricercatori. Si tratta di ricerche ancora non attuabili, ma gli studiosi sono convinti che in futuro lo saranno.
In Inghilterra le “Banche dei denti da latte” si stanno diffondendo a macchia d’olio. In particolare la “BioEde”, raccoglie dentini da tutto il mondo. Quali devono essere le condizioni?
- i dentini devono essere spediti nell’apposito contenitore, entro 48 ore dalla caduta.
- il dente deve essere sano.
In seguito vengono estratte le cellule staminali e conservate al costo di circa 1000 sterline più 90 annue per la gestione dei servizi. Passi scientifici molto importanti che si preparano a stravolgere, in maniera positiva, il mondo della medicina. !
Lavarsi i denti non è più solo questione di igiene orale: tartaro e placca fanno aumentare infatti il rischio di malattie cardiache. Era già stata dimostrata la connessione tra i problemi gengivali e l`aterosclerosi, ma recenti studi condotti dall`Università di Otago in Nuova Zelanda hanno aggiunto un ulteriore tassello, spiegando la connessione tra denti e cuore.
Un team internazionale ha infatti appurato che il corpo umano può reagire ai disturbi gengivali in maniera eccessiva e distruggere i suoi stessi linfociti. Questo potrebbe a sua volta contribuire all`occlusione delle arterie, la principale causa di infarto. “La comprensione di tutti i possibili fattori di rischio può aiutare a mantenere bassa la probabilità di sviluppare malattie cardiache – spiega il professor Greg Seymour, a capo della ricerca – e portare a un significativo cambiamento nella diffusione della patologia”.
I risultati dello studio, presentati presso la Società Generale di Microbiologia nel corso della riunione d`autunno presso il Trinity College di Dublino, costituiscono quindi un passo importante che potrebbe alterare le politiche sanitarie, mettendo in evidenza il ruolo dell`igiene orale nel quadro del benessere generale del paziente.
Consigliamo, allora, di spazzolare accuratamente i denti, utilizzando anche il filo interdentale. È l`unico modo per ostacolare la formazione di tartaro, placca ed eventuali gengiviti che possono essere causa, tra le altre cose, anche della caduta dei denti negli adulti.
Denti e sport, connubio perfetto. Le ricerche hanno dimostrato che le buone prestazioni in pista partono dalla bocca. Se le arcate dentarie coincidono perfettamente non si evitano solo i disturbi muscolari, ma i risultati sportivi crescono sensibilmente. Nel mondo delle gare motociclistiche è ormai d’uso comune tra gli atleti il bite, una placca in resina posta nel punto di contatto tra le mascelle che rende più stabile e meno fastidioso serrare i denti.
Quello universale migliora la forza massima del 2,4 % e diminuisce il lavoro dell’1,2%. Nel motociclismo il bite è in uso da tempo. Andando in moto le diverse sollecitazioni a cui è costretto l’atleta, posture scorrette comprese, portano a scaricare il peso della tensione sulle mandibole e a serrare i denti in maniera spesso pericolosa. Un fenomeno che viene chiamato bruxismo ed è capace di provocare diversi disturbi: affaticamento dei muscoli della mandibola e del collo, aumento della stanchezza, mal di testa e usura dei denti. Grazie al bite, invece, c’è un maggiore rilassamento delle fasce nervose e muscolari. Il bite non funziona solo sulle due ruote.
Una ricerca realizzata dall’Università Bicocca di Milano e dal centro Isokinetic condotta da Alessandro Beraldi, consulente del reparto di Posturologia Sportiva dell`Università Bicocca, ha analizzato i risultati su cinque atlete del Basket Carugate, squadra che milita nella serie A2 femminile. Tra schiacciate, muri e difese, le atlete con il bite miglioravano le proprie prestanzioni. Come per quelli utilizzati in odontoiatria, il bite per uso sportivo può essere modellato anche “su misura” in maniera da aderire perfettamente alla dentizione grazie ad uno speciale materiale termoplastico realizzato con due mescole, una più morbida ed una a diretto contatto con i denti.
Quarantasei contro i centoventi consigliati: sono i secondi che gli italiani dedicano allo spazzolamento dei denti, pari a un terzo del tempo consigliato. Tutti desiderano “abbagliare” i propri interlocutori con un sorriso smagliante, ma in pochi mettono in pratica le regole basilari per ottenere denti bianchi e lucidi: due controlli dentistici l`anno, l`utilizzo regolare del filo interdentale e spazzolare i denti dopo ogni pasto per due minuti, meglio se con lo spazzolino elettrico. È quanto emerge dal documento “Dall’analisi della scienza la prima indagine italiana sui benefici offerti dallo spazzolino elettrico e il suo corretto utilizzo”, presentato in occasione del convegno sull`igiene orale tenutosi a Milano “32 gioielli da proteggere”.
Lavarli di più – Nonostante il 76% delle donne e il 54% degli uomini desideri avere denti più bianchi, nel nostro paese si tende a lavarli poco – soltanto il 35% delle italiane lava i denti tre volte al giorno, dopo ogni pasto – e male: il tempo di spazzolamento di ciascuno si attesta in media intorno ai 46 secondi, rispetto ai due minuti raccomandati. Inoltre soltanto il 23% degli uomini e il 27% delle donne effettua la pulizia dei denti due volte l`anno, come consigliano gli esperti.
Carie, gengiviti e placca – La mancanza di una corretta igiene orale si traduce nello sviluppo della carie – che in età evolutiva raggiunge picchi superiori al 90% ed è causata dal depositarsi della placca – e delle malattie gengivali – gengivite e parodontite – che affliggono il 90% degli italiani adulti.
Lo spazzolino elettrico – Dall’analisi dei risultati di diversi studi volti a confrontare l`utilità dello spazzolino elettrico e di quello manuale, è emerso come il primo consenta di ridurre la placca dell`11% – fino al doppio rispetto allo spazzolino tradizionale – e le gengiviti del 6% nel breve periodo e del 17% nel giro di 3 mesi. Dato lo scarso tempo che gli italiani dedicano a lavare i denti, l`utilizzo dello spazzolino elettrico potrebbe consentire una pulizia rapida ma approfondita. Tuttavia, si legge nel documento, in Italia la cultura della “testina rotante” non si è ancora diffusa: “Solo il 6% degli italiani usa lo spazzolino elettrico, rispetto al 22% degli inglesi e al 32% dei tedeschi”.
Gengive arrossate, che si retraggono, che fanno male al tatto o che sanguinano, anche poco, quando le spazzoliamo o quando passiamo tra un dente e l’altro il filo interdentale: sono i sintomi della gengivite, l’infiammazione del tessuto che riveste il colletto dei denti e forma le arcate dentarie, la gengiva.
La causa più frequente all’origine di questo disturbo è la presenza di placca batterica sottogengivale che scatena la reazione del sistema immunitario, dando vita allo stato infiammatorio tipico della gengivite. Oltre alla placca batterica, altre sono le condizioni che possono causare questo disturbo: l’assunzione di determinati farmaci, malnutrizione, lesioni traumatiche, presenza di virus e funghi, predisposizione genetica. E ci sono poi alcuni fattori che possono favorire l’insorgenza di gengiviti: tra questi ricordiamo l’abitudine al fumo, la presenza di alcune malattie come cancro, il diabete, e Hiv e le variazioni ormonali (nella donna).
Sebbene, in caso di gengiviti iniziali o di lieve entità, i sintomi possano essere leggeri e pressoché trascurabili, è bene non sottovalutarli e farsi visitare da un dentista di fiducia che indicherà la strada migliore da seguire per risolvere la condizione: in questo modo si eviterà che il processo infiammatorio a carico della gengive si aggravi. Se trattata, infatti, la maggior parte delle volte la gengivite regredisce senza lasciare problemi; se, al contrario, non viene curata, può evolvere in affezioni più gravi come gengiviti ricorrenti, ascessi e parodontiti (processi infiammatori più profondi che possono arrivare a provocare la perdita dei denti).
Sono cinque le attività di prevenzione quotidiana che ciascuno di noi può svolgere per ridurre al minimo il rischio di gengiviti: lavare i denti dopo ogni pasto; utilizzare un dentifricio specifico; utilizzare il collutorio in abbinamento alla quotidiana igiene orale; eseguire quotidianamente il controllo del bordo gengivale per individuare precocemente segnali di allarme come gonfiore o sanguinamento a carico delle gengive, al fine di intervenire al più presto per ristabilire il benessere di gengive e bocca; effettuare periodiche visite dal dentista per valutare la salute del cavo orale.
“STRINGI I DENTI!”. E, in effetti, non solo per modo di dire, i denti si stringono quando siamo sottoposti ad uno stress prolungato. È il bruxismo, un disturbo in continuo aumento, di cui soffrono in Italia circa 15-18 milioni di persone, inclusi i bambini, caratterizzato da iperattività dei muscoli masticatori. “I denti dovrebbero entrare in contatto tra loro solo durante la masticazione dei cibi e, occasionalmente, durante la deglutizione mentre in caso di bruxismo si toccano in modo anomalo attraverso il digrignamento, cioè lo sfregamento forte, oppure attraverso il serramento che provoca la contrazione dei muscoli all’angolo della mandibola” spiega Fabio Carboncini, presidente dell’Accademia Italiana di Odontoiatria Protesica.
Il problema è nella testa. La notizia è che gli specialisti sono oggi convinti che non dipenda affatto, come si riteneva, da un problema di malocclusione o comunque dell’apparato masticatorio; ora la ricerca ha chiarito che si tratta di una patologia collegata al sistema nervoso centrale: “Infatti – prosegue Carboncini – tra i fattori predisponenti ci sono la tensione nervosa, stress e ansia e, persino, il senso di competizione nello sport. Non solo: digrignare i denti di notte influenza la qualità del sonno perché è spesso associato agli scatti improvvisi delle gambe. A favorirne la diffusione sono anche i ritmi di vita sempre più stressanti e alcuni comportamenti a rischio, quali il fumo o il consumo di alcolici; fra i giovani, inoltre, può manifestarsi come effetto secondario di alcune droghe sintetiche, come l’ecstasy.
Anche nei bambini. Il disturbo si presenta sempre più spesso anche nei bambini sin dall’eruzione dei primi denti: “Nei piccoli rispecchia molte volte un normale processo di sviluppo del sistema nervoso centrale per cui si può considerare fisiologico almeno fino ai 12 anni”, chiarisce Carboncini. Attenzione, però, perché può essere il segnale di uno stato di disagio psicologico magari legato alle ansie scolastiche o sportive. Inoltre, recenti studi hanno appurato che si associa spesso anche alla presenza di apnee notturne per cui, oltre che andare dall’odontoiatra, gli esperti consigliano di fare anche una visita dall’otorino-laringoiatra.
I segnali spia del bruxismo. Ad accorgersi del disturbo, infatti, può essere in primo luogo l’odontoiatra che, controllando la bocca, si accorge dell’usura dei denti e può osservare se si gonfiano i muscoli della mandibola o se c’è un iper-sviluppo dei muscoli masticatori. “Inoltre – aggiunge lo specialista – ci possono essere dei segni in bocca, come la linea alba cioè una ipercheratinizzazione delle guance oppure ancora la forma dell’arcata ‘stampata’ sulla lingua dovuta proprio al digrignamento dei denti”. Gli altri principali segnali spia sono la sensazione di tensione mandibolare al risveglio o di dolore dentale e la ricorrenza di cefalee muscolo-tensive. Per una diagnosi accurata, a volte si ricorre anche alla polisonnografia, un esame che serve a valutare l’aspetto del sonno in generale ma può essere utile anche per intercettare le attivazioni muscolari della mandibola mettendo degli elettrodi anche a livello dei muscoli masticatori.
Gli “effetti collaterali”. Perché il bruxismo non è solo un fastidio, magari per chi dorme accanto. Può avere conseguenze. Un’anomala usura dei denti e la presenza di scheggiature sia della dentatura naturale sia di lavori odontoiatrici come corone, intarsi, faccette e otturazioni. Spesso poi compaiono anche indolenzimento nella zona delle tempie, della mandibola e dei muscoli masticatori che, lavorando in continuazione senza motivo, vanno incontro a contratture che possono provocare cefalea muscolo-tensiva anche perchè la contrazione dei denti si accompagna a quella di collo e spalle.
Consigli. I consigli per evitare questi effetti sono molto generici: meno alcol, fumo e caffè, soprattutto la sera, ritmi più rilassati e una buona qualità del sonno sono tutti fattori che aiutano ad allentare la tensione sui muscoli masticatori e il loro sovraffaticamento. Ma se gli adulti sono rassegnati a ritmi frenetici e ansie da vita quotidiana, gli esperti ammoniscono a preservare i bambini. E trovare il modo di allentare le loro tensioni.
I problemi a denti e gengive non risparmiano nemmeno le donne in gravidanza, anzi. Secondo l’American College of Obstetricians and Gynecologists ben il 40% delle future mamme deve affrontare una gengivite, una carie o una parodontite durante i mesi della gestazione. L’eventualità potrebbe sollevare giustificati timori. Le infezioni, come quelle associate agli ascessi, espongono a dei rischi sia la mamma, sia il bambino, aumentando la probabilità di avere a che fare con preeclampsia, parto pretermine e aborto. La gengivite, invece, può trasformarsi in parodontite, un disturbo che secondo alcuni studi aumenta il rischio di nascita pretermine e sottopeso. Cosa fare in questi casi?
I timori che sottoponendosi a cure dentistiche si possa mettere a repentaglio la salute del bambino sono da mettere da parte. Le conseguenze di una gengivite o di un ascesso non adeguatamente curato potrebbero essere di gran lunga più gravi rispetto a quelle del trattamento, che per di più viene oggi effettuato utilizzando strumenti che limitano al massimo il possibile coinvolgimento del bambino. Anche nel caso in cui fosse necessaria una radiografia l’uso di opportuni schermi che proteggono collo e addome bloccano pressoché tutte le radiazioni che potrebbero raggiungere il bimbo.
Tuttavia, anche per quanto riguarda la salute dei denti in gravidanza vale la regola secondo cui prevenire è meglio che curare. Le donne che progettano di avere un bambino dovrebbero prestare particolare attenzione al benessere di denti e gengive, in modo da ridurre al minimo l’insorgenza di problematiche che potrebbero essere favorite dalla predisposizione familiare o dai cambiamenti ormonali tipici della gravidanza, come, appunto, la gengivite. I consigli sono piuttosto semplici e facili da mettere in pratica: lavarsi i denti dopo ogni pasto, usare il filo interdentale almeno una volta al giorno e, eventualmente, utilizzare collutori senza alcol e spazzolini per eliminare anche i batteri presenti sulla lingua; sottoporsi a visite di controllo regolari, senza trascurare l’importanza di trattamenti periodici di ablazione del tartaro; curare l’alimentazione, evitando i cibi appiccicosi e preferendo frutta fresca e secca, verdura e formaggi. Anche le gomme da masticare, che stimolano la produzione di saliva, possono essere d’aiuto. In alternativa, anche un bicchiere d’acqua alla fine dei pasti aiuta a eliminare i residui di cibo e a neutralizzare gli acidi della placca.