Non solo scottature, congestioni, punture di insetti e meduse o strappi muscolari da sport improvvisati. Tra gli spiacevoli inconvenienti che possono rovinare le sospirate vacanze estive, ci sono anche i problemi legati alla salute orale. Un mal di denti inatteso, l’otturazione che salta, una corona provvisoria che si stacca, un dente che si scheggia non sono imprevisti così rari e possono pregiudicare i momenti di meritato relax, tenendo conto che ci si trova lontani da casa, magari all’estero.
In molti casi, però, prestare un po’ più di attenzione al benessere dentale anche d’estate e sottoporsi agli opportuni controlli può essere sufficiente per scongiurare spiacevoli sorprese. Ed ecco i consigli per preservare la bellezza e la salute del sorriso durante le ferie.
Quali accorgimenti mettere in pratica, dunque, prima di partire e nel corso della villeggiatura, qualora capitasse un’emergenza?
- Innanzitutto, è bene programmare per tempo una visita di controllo: non sempre gli studi odontoiatrici sono aperti tutta l’estate e potrebbe capitare un’urgenza quando il vostro dentista di fiducia è assente.
Giocare d’anticipo è sempre l’arma migliore. Questo comportamento prudenziale è quanto mai indicato per quelle persone che hanno una dentatura delicata, sulla quale sono già state eseguite cure di una certa importanza; non bisogna tuttavia dimenticare che lesioni dentali ‘silenti’ sono frequenti anche in bocche sane: una visita specialistica, quindi, è comunque consigliata.
- Oltre al controllo, è opportuno sottoporsi a una seduta di igiene professionale se non la si effettua da tempo, in modo da eliminare la placca e il tartaro, cause di infiammazioni gengivali e infezioni parodontali.
- Se prevedete viaggi in aereo o immersioni subacquee, chiedete al dentista di verificare lo stato di salute delle vostre vecchie otturazioni: se queste fossero inefficaci o infiltrate, infatti, gli sbalzi di pressione potrebbero dare luogo a dolori molto fastidiosi. Se un’otturazione dovesse saltare, è necessario evitare bevande o cibi troppo freddi e mantenere il dente il più pulito possibile. Per diminuire il dolore provocato dal contatto con gli alimenti, si può porre nella cavità un piccolo batuffolo di cotone, che però dev’essere sempre pulito e cambiato di frequente.
- Se, subito prima della partenza, doveste sottoporvi a qualche piccolo intervento chirurgico in bocca (l’estrazione di un dente, l’inserimento di un impianto etc.), evitate di esporvi al sole intenso nei primi giorni dopo il trattamento e seguite scrupolosamente i consigli del vostro dentista, per minimizzare i disagi. L’eccessivo calore, infatti, determina vasodilatazione, aumentando il rischio di gonfiori.
- Qualora aveste delle corone fissate con un cemento provvisorio o vecchie protesi fisse, fatele controllare prima di mettervi in viaggio, in modo da ridurre il rischio di distacchi a vacanze iniziate. «Può essere utile tenere a portata di mano un kit di fissaggio, acquistabile in tutte le farmacie: in caso di distacco accidentale di una corona o di un ponte, provvisori o definitivi che siano, questi kit consentono di risolvere l’inconveniente con buona sicurezza, in attesa di potersi recare da un dentista. Prima, però, è necessario pulire bene i denti dai residui del vecchio cemento o di cibo e asciugare accuratamente con una garza, per ridurre al minimo l’umidità che diminuirebbe l’effetto adesivo del nuovo cemento.
- Se siete portatori di protesi mobili, fatele controllare almeno due settimane prima di partire: a volte succede che vi siano inizi di fratture che passano inosservate ma, procedendo, possono causare la rottura completa della protesi. In caso vengano apportate modifiche (ad esempio ribasature) è facile che, nei primi giorni, sia necessario effettuare dei ritocchi. Anche chi ha un apparecchio ortodontico è bene si sottoponga a un controllo preventivo, così da minimizzare il rischio di distacco di brackets (attacchi) o bande durante le vacanze.
- Se avete protesi fisse o rimovibili ancorate ad impianti osseointegrati, portate con voi il “passaporto” implantare coi codici dei vostri impianti: in caso di necessità (svitamenti, decementazioni etc.), sarà più facile per il dentista che si prenderà cura di voi identificare la componentistica implantare corretta, per risolvere il vostro problema.
- Fatevi consigliare dal dentista eventuali farmaci (antidolorifici, antibiotici etc.) che sarebbe utile inserire in valigia e da usare in caso di necessità.
- Qualora un mal di denti vi assalisse all’improvviso, potete ricorrere all’analgesico che vi è stato consigliato o che comunemente utilizzate per il mal di testa o il mal di schiena. Ricordate però che gli antinfiammatori vanno presi a stomaco pieno e senza esagerare con le quantità, perché i possibili effetti collaterali non sono rari e risentono dei dosaggi. Se il dolore proprio non si attenua, significa che serve con urgenza l’intervento di un odontoiatra.
- In presenza di un ascesso, per lenire il dolore si può applicare sulla guancia del ghiaccio o si può sorseggiare dell’acqua molto fredda. In questi casi, l’unico rimedio è una terapia antibiotica che contrasti l’infezione: in assenza di un dentista, è consigliabile contattare la Guardia Medica. Nell’attesa, si possono fare sciacqui con acqua e sale e procedere poi al lavaggio delicato dei denti, con spazzolino e dentifricio.
- Se, invece, si rompe un dente, non è opportuno ricorrere al ghiaccio e va evitato il contatto con cibi e bevande troppo fredde. Se duole, si può prendere un antinfiammatorio, chiedendo consiglio al farmacista. Al più presto, un dentista dovrà valutare se sia possibile riattaccare il pezzo saltato che, nel frattempo, va conservato nel latte o in una soluzione di acqua e sale.
- Se infine, in previsione del viaggio, vorrete un sorriso smagliante, quando il vostro odontoiatra avrà controllato lo stato di salute dei denti e delle gengive, potrete chiedere di effettuare uno sbiancamento, per donare alla bocca un aspetto ancora più curato.
Buone vacanze!
Tra i problemi ai denti e il diabete esiste una stretta correlazione, ancora poco considerata: gli esperti di diverse società e associazioni scientifiche – Associazione medici diabetologi, Società italiana di diabetologia, Società italiana di parodontologia e implantologia (Sidp) – lanciano l’allarme in occasione della Giornata mondiale del diabete, in programma il 14 novembre.
In Italia 5 milioni di persone soffrono di diabete o prediabete e il 30-40% è colpito anche da una forma di malattia parodontale, che può comportare un aggravamento del quadro clinico e un peggioramento della salute generale. Circa 1,5-2 milioni di italiani convivono sia con il diabete sia con la parodontite, un’infiammazione dei tessuti che sostengono il dente e in particolare l’osso alveolare, il cemento che riveste la radice del dente, la gengiva e il legamento parodontale.
Come dimostrano gli studi più recenti, un diabetico ha infatti un rischio 3 volte più elevato di sviluppare un’infiammazione alle gengive o di vederla peggiorare.
“La maggior parte dei pazienti non è consapevole della possibile correlazione tra parodontite e diabete. La parodontite può far salire l’emoglobina glicata, indice di un peggior controllo glicemico, aumentando così il rischio di diabete. Avviene infatti che, in presenza di parodontite, i batteri del cavo orale attraverso la circolazione del sangue possano raggiungere numerosi organi, innescando pericolose reazioni infiammatorie. La parodontite porta con sé un aumento della produzione di citochine infiammatorie che potrebbero contribuire all’insulino-resistenza, un incremento degli acidi grassi liberi e un calo della produzione di ossido nitrico nei vasi sanguigni,” spiega Alessandro Crea, coordinatore della Commissione editoriale della Sidp e docente di parodontologia.
Recenti pubblicazioni da parte della Federazione europea di parodontologia e dell’Accademia americana di parodontologia confermano come i pazienti che sono già affetti da diabete abbiano una probabilità più alta di soffrire anche di parodontite e di rispondere peggio alle cure odontoiatriche, soprattutto se non c’è un buon controllo della glicemia: ciò perché i diabetici hanno una reazione alterata nei confronti dei batteri, fra cui quelli responsabili di gengiviti e parodontiti presenti nella placca che si deposita attorno ai denti; inoltre, altri fattori come radicali liberi e citochine possono accrescere l’infiammazione anche a livello dei tessuti parodontali.
“Nel caso in cui venga diagnosticato il diabete è necessario fare subito una visita dal parodontologo e sottoporsi a un regolare monitoraggio, per cercare di intercettare la malattia prima che si manifesti o per cercare di rallentarne o bloccarne lo sviluppo. Basti pensare che in alcuni casi curare la parodontite può migliorare i valori di emoglobina glicata tanto quanto una terapia farmacologica. Allo stesso modo, una volta rilevato un problema di parodontite, il supporto continuativo da parte di un parodontologo è fondamentale: l’esperto può infatti accorgersi di manifestazioni orali e segni di prediabete ancora prima che il paziente ne sia al corrente. Un’accurata igiene orale e costanti visite di controllo e di trattamento della parodontite possono perciò aiutare nella prevenzione e nella diagnosi precoce del diabete. E’ fondamentale portare avanti un’opera di prevenzione quotidiana che parta da un’attenzione costante alla corretta igiene orale, primo strumento per proteggere le proprie gengive e tenere lontani i disturbi gengivali“.
Sì all`uso di gomma da masticare, a patto che non sostituisca lo spazzolino da denti. Vietato invece arrendersi al pianto dei bebè concedendo ciucci cosparsi di zucchero. Sono queste due delle linee guida nazionali per la promozione della salute orale in età evolutiva, diffuse dal ministero del Welfare.
L`iniziativa prende le mosse dalla significativa incidenza di problemi ai denti registrata in Italia. I più esposti sono i bambini: la carie colpisce oggi il 44% di coloro che hanno meno di dodici anni.
Il documento, elaborato assieme a pediatri, odontoiatri, igienisti, neonatologi e associazioni dei genitori, oltre all`uso di zucchero sul ciuccio per quietare i bimbi, proibisce anche biberon pieni di bevande dolci estranee ai bisogni nutritivi.
Possibile invece l`uso di chewing gum: sono un aiuto perché stimolano, durante i primi minuti di masticazione, la secrezione salivare, aumentando i meccanismi di difesa. La saliva, infatti, è un`arma di prevenzione naturale: contiene antimicrobici (lisozima, perossidasi) e immunitari (IgA secretorie) che agiscono in maniera combinata contro la flora che causa la carie. Attenzione però: in nessun caso le gomme da masticare possono sostituire l`uso dello spazzolino da denti, specie dopo i pasti. Si consiglia inoltre la sigillatura dei solchi e delle fossette dove il cibo può fermarsi.
La bocca dei neonati è sterile e solo successivamente viene contaminata da ceppi batterici. Questi corrispondono esattamente a quelli rintracciati nella saliva delle madri. La salute orale dei figli deriva quindi anche dalle condizioni igieniche della madre. È però possibile controllare e prevenire il rischio di trasmissione riducendo la concentrazione salivare materna di Streptococcus mutans (un batterio del cavo orale) con la somministrazione di fluoro dai 6 mesi ai tre anni d`età e di clorexidina.
Le linee guida del ministero del Welfare si inseriscono nel solco degli obiettivi posti dall`Oms (Organizzazione mondiale della sanità), secondo cui, entro il 2010 il 90% dei bambini di età compresa tra i cinque e i sei anni dovrà essere privo di carie e gli adolescenti fino ai 18 anni non dovranno presentare perdite di denti dovute a carie o malattia parodontale.
Quando parliamo di denti macchiati l’indiziato numero uno è per tutti il caffè. Ma ci sono degli alimenti insospettabili che invece hanno un ruolo fondamentale nella perdita del bel colorito bianco dei nostri denti. Quali sono? Mother Nature Network, il sito internet americano, ne ha individuati 6 ma la buona notizia è che ne ha indicati altrettanti che aiutano invece a preservarne il colore.
Quelli da evitare (per chi ama il sorriso smagliante):
I frutti di bosco
Se è vero che sono considerati potenti antiossidanti, i frutti di bosco non sono sempre un toccasana per i denti: sono ricchi di cromogeni e hanno un colore così forte che è dannoso sia se vengono mangiati interi che sotto forma di succo.
Il the
La bevanda più consumata sul pianeta è anche più potente del caffè nel macchiare i denti, specialmente quello nero che contiene una maggiore concentrazione du tannini, composti vegetali che aggrediscono facilmente il colore dei denti.
Il vino rosso
Come il the, il vino rosso contiene tannini. Inoltre, il vino rosso è una bevanda acidica con molecole intensamente pigmentate chiamate cromogeni. L’acidità, tra l’altro, contribuisce a macchiare i denti perché l’acido rende più morbido e più rugoso lo smalto dei denti.
L’aceto balsamico
Il colore scuro di questo gustoso condimento per l’insalata può scolorire i denti se non è spazzolato subito dopo aver mangiato. Ma in questo caso c’è un rimedio facile: basta assicurarsi che l’insalata contiene anche la lattuga, che aiuterà a togliere l’aceto dai denti.
La soda
Come il vino rosso, la soda contengono un’elevata qauntità di cromogeni. E tutta la soda è acidica, il che significa che anche quella leggera può erodere smalti e macchie di denti.
Curry e salsa di pomodoro
I pigmenti contenuti nel curry, nalla salsa di pomodoro e in quella di soia possono ingiallire i denti.
Come dicevamo, però, esistono altrettanti cibi che invece possono aiutare ad avere una dentatura sempre impeccabile e soprattutto senza quelle antiestetiche macchie gialle. Quali sono?
Gli alimenti che puliscono (i denti)
Il latte e formaggi duri
Queste delizie del latte sono un beneficio per i denti sotto diversi aspetti: incoraggiano la produzione della saliva, che neutralizza l’acido in bocca, lava via le particelle di cibo sfuggite e aiuta a prevenire la macchiatura. Inoltre, il calcio e altri nutrienti proteggono lo smalto dall’erosione.
Le mele
Le mele contengono una sostanza chiamata acido malico: aumenta la produzione della saliva, mentre la texture croccante della frutta elimina le particelle di cibo residue che possono causare macchie sui denti.
L’ananas
L’ananas è un vero e proprio sbiancante naturale dei denti. Basta pensare che molti prodotti che sbiancano i denti contengono un ingrediente chiamato bromelain, che è un enzima che si trova naturalmente nell’ananas.
I broccoli
Come le mele, il broccolo è ricco di fibre e può pulire i denti mentre si mangia, ancor di più se mangiato crudo. Inoltre questa verdura ha un alta concentrazione di ferro che protegge lo smalto dei denti dal decadimento.
Il sedano
Il sedano è un’altra verdura croccante e fibrosa che pulisce i denti mentre si mangia. Inoltre, il sedano è particolarmente utile per mantenere le gengive sane. Anche le carote crude hanno gli stessi vantaggi.
Le fragole
Come le mele, le fragole contengono acido malico e sono molto fibrose.
Il mirtillo rosso sarebbe in grado di proteggere i denti e prevenire la formazione della carie. È quanto emerge dallo studio pubblicato su Caries Research dal team coordinato da Hyun (Michel) Koo, dentista e microbiologo della University of Rochester Medical Center (Usa), secondo cui il frutto sarebbe in grado di ridurre la formazione della placca e, di conseguenza, tutelare la salute dei denti.
La carie, spiega Koo, è infatti provocata dall’azione di alcuni batteri che, dopo aver prodotto la placca, vi si annidano dentro e, indisturbati, rilasciano una sostanza acida che corrode lo smalto. Tuttavia, nel corso della ricerca, condotta su un gruppo di topi, gli studiosi hanno scoperto che le proantocianidine di tipo A, contenute nei mirtilli rossi, sarebbero in grado di distruggere gli enzimi glucosiltransferasi, necessari ai batteri per realizzare i glucani – le molecole che compongono la placca.
Al termine dello studio è emerso che i mirtilli avevano ridotto la produzione di acido e di glucani fino al 70% e di carie fino al 45%, poiché i microrganismi, non essendo più in grado di nascondersi dentro la placca, sarebbero divenuti vulnerabili e meno pericolosi. “I principi contenuti nei mirtilli rossi non uccidono completamente i batteri – afferma Koo -, ma ne ostacolano le due attività più dannose: la produzione di acido e quella di glucano”.
L’Organizzazione Mondiale per la Sanità indica come necessari a prevenire forme di contagio nelle zone “rosse”, i dispositivi di protezione individuale di categoria FFP2 o FFP3, i quali sono dotati degli standard necessari a svolgere tale funzione.
“Si tratta di dotazioni più sofisticate delle normali mascherine di protezione – dichiara ad ANDI Claudio Galbiati, Presidente di Assosistema Safety – Per garantire un’azione efficace, è necessario siano indossate correttamente, prestando molta attenzione alle indicazioni presenti nelle confezioni. Quando il professionista si trova in situazioni per le quali il rischio di contagio potrebbe essere maggiore, sono consigliati gli occhiali a mascherina, che aderiscono al viso, proteggendo le mucose degli occhi”.
I problemi maggiormente evidenziati dai medici riguardano la reperibilità di questi DPI.
“Vista la forte e improvvisa crescita della domanda – prosegue Galbiati – Assosistema Safety si è attivata con i produttori associati per incrementare il livello di produzione, attualmente già oltre tre volte gli abituali volumi. Attraverso il costante monitoraggio dell’andamento della domanda, le aziende si stanno attrezzando per sviluppare ulteriormente la produzione e garantire la disponibilità di materiale. È comunque importante – conclude Galbiati – che i professionisti gestiscano gli ordini secondo una previsione di utilizzo nel medio periodo, consentendo una distribuzione quanto più capillare possibile”.
“Con la sezione Safety di Assosistema Confindustria – aggiunge Matteo Nevi, Segretario generale Assosistema – abbiamo predisposto una sezione del sito dell’Associazione (http://www.assosistema.it/coronavirus-safety/) dove è possibile reperire tutte le informazioni utili sulla scelta dei DPI e sul loro corretto utilizzo”.
Assosistema Safety, in una nota specifica come -tutti i DPI sono regolamentati a livello europeo dal Regolamento UE 2016/425 che abroga e sostituisce la precedente Direttiva 89/686/CEE. Tale Regolamento richiede, in termini generici, che ogni prodotto rispetti dei “requisiti essenziali di salute e di sicurezza e delle procedure di valutazione della conformità”. Per agevolare il fabbricante in questa richiesta, il Comitato Europeo di Normazione (CEN) emana delle norme tecniche EN specifiche per i vari DPI, all’interno delle quali vengono individuati dei requisiti, il cui soddisfacimento comporta una rispondenza ai “requisiti essenziali di salute e sicurezza”. La valutazione di conformità, ottenuta applicando quanto prescritto dalla norma, porta all’apposizione del marchio CE, senza il quale non è permessa la commercializzazione di alcun DPI.
Come primo elemento, dunque, i DPI in commercio, di qualunque tipo o categoria essi siano, devono presentare la marcatura CE. Passando, invece, alle norme tecniche, nel campo della protezione delle vie respiratorie ne vengono applicate, a seconda della tipologia di prodotto, circa una quarantina. Nel caso specifico, il tipo di maschere filtranti, richieste per evitare il contagio da Coronavirus, sono regolate dalla norma EN 149. Tale norma, a seconda dell’efficienza filtrante, classifica le maschere in FFP1, FFP2, FFP3, dove FF significa Facciale Filtrante. Quando si acquista il prodotto, dunque, su di esso o sulla sua confezione deve essere presente il riferimento a questo standard.
Bisogna fare attenzione in fase di acquisto, dato che a volte, specie nei grandi centri commerciali, ci si può imbattere in mascherine non classificate e prive di marcatura, la cui efficacia protettiva risulta quanto meno dubbia. Questo tipo di prodotti, non sono DPI!
Le differenze tra le normali mascherine medicali e i DPI:
tralasciando i tecnicismi e le diverse normative a cui rispondono i Dispositivi Medici, le mascherine Medicali svolgono una differente funzione rispetto al DPI. Esse hanno come caratteristica quella di proteggere non il portatore ma il paziente sul tavolo operatorio dalla possibile contaminazione che può essere veicolata dagli operatori sanitari. Queste mascherine, le cui caratteristiche e performance sono molto inferiori alle citate FFP2 o FFP3 possono, quindi, evitare che il portatore diffonda il contagio, ma non proteggono lo stesso adeguatamente dal contagio di provenienza altrui.
Ecco alcune indicazioni su come scegliere il giusto dentifricio per il vostro bambino:
- Nei primi mesi niente spazzolino, né dentifricio: se l’alimentazione è sana e povera di zuccheri basta strofinare delicatamente con garza umida o con gli appositi ditalini di gomma sulle gengive e sui denti.
- Da 1 a 3 anni sì allo spazzolino ma attenzione al dentifricio: il bambino deve iniziare a prendere confidenza con lo spazzolino, ma saranno sempre mamma e papà a pulire i denti. Utilizzate una piccolissima quantità di dentifricio adatto ai bambini (con massimo 500 ppm di fluoro), perché il bambino non è ancora in grado di controllare la deglutizione e rischia di ingerirne una quantità troppo alta (il 65% secondo alcuni studi).
- Dopo i 3/4 anni: il bambino può iniziare a lavarsi i denti da solo con spazzolino e dentifricio, sotto l’occhio vigile di mamma e papà. In questo caso il dentifricio deve avere un contenuto di fluoro non superiore a 1000 ppm. Una quantità che garantisce il corretto apporto di fluoro per proteggere i denti, ma è abbastanza basso per evitare la fluorosi .
- Dai 6 anni in poi: è il momento dell’emancipazione: il bimbo si può lavare i denti da solo e senza limiti di fluoro. Può usare un dentifricio per adulti perché la quantità ingerita involontariamente scende al 30% perché i riflessi di deglutizione sono già sviluppati.
Molti, e non solo i bambini, ne hanno paura, ma a quanto pare il dentista potrebbe rivelarsi un prezioso alleato per l’organismo, con un effetto che va ben oltre la prevenzione di carie e disturbi gengivali. È quanto è emerso da un lavoro presentato nel corso della Id week, il meeting annuale che coinvolge la Infectious diseases society of america, la Society for healthcare epidemiology of america, la Hiv medicine association e la Pediatric infectious diseases society.
«Controlli regolari da dentista sono importanti anche nel ridurre il rischio di polmonite» spiega Michelle Doll, della Virginia Commonwealth University e prima autrice della ricerca, ricordando che ogni anno circa un milione di persone si ammala di polmonite negli Stati Uniti e 50mila ne muore. Per arrivare ai loro risultati, Doll e colleghi hanno analizzato i dati relativi a oltre 26mila soggetti scoprendo che chi non si era mai recato da un dentista aveva una probabilità dell’86 per cento più alta di contrarre una polmonite batterica rispetto a chi vedeva il dentista regolarmente, due volte l’anno.
Ma cosa ha a che fare l’igiene orale con la salute dei polmoni? «Tutti possono contrarre la polmonite, anche se la patologia è più comune in chi presenta malattie polmonari o sindromi come l’Aids» precisa la ricercatrice che poi aggiunge: «Esiste un legame chiaro tra igiene orale e polmonite e non c’è dubbio che le visite dentistiche siano fondamentali per mantenere una buona igiene orale». Alla base di questa relazione ci sono i batteri che popolano la bocca. «Il cavo orale non sarà mai un ambiente sterile, ma di certo una buona igiene orale può limitare il numero di batteri presenti in queste regioni» dice Doll, che poi conclude: «Questi dati sottolineano come la salute orale sia strettamente legata alla salute generale dell’organismo e suggeriscono anche l’importanza di includere le cure dentali nei controlli di routine per la salute».