Garantire la salute di denti e gengive in modo non artificioso, semplicemente potenziandone le capacità di autodifesa. Oggi è possibile, grazie a bio-dentifrici ispirati alla saliva, da cui prendono in prestito enzimi e proteine speciali in grado di “controllare” i batteri, mantenendo in equilibrio costante la microflora della bocca.
«Contengono lattoperossidasi, lisozima, lattoferrina, colostro: tutte sostanze naturali e protettive che ostacolano la proliferazione batterica» spiega Giancarlo Barraco, docente di odontoiatria all’Università di Perugia. «Fra gli ingredienti, inoltre, non compare il laurilsolfato di sodio (Sls), sostituito da un agente schiumogeno più delicato, che rispetta i tessuti».
Il risultato è un prodotto, come Zendium, che non altera la percezione del gusto dopo l’uso dello spazzolino, come avviene di solito con le paste al fluoro e Sls, che in grado di aumentare del 60 per cento la “forza” con cui si combattono carie, sensibilità gengivale e dentale. «In tre mesi i dentifrici alla lattoperossida si migliorano lo stato delle gengive rispetto a quelli tradizionali, sono adatti a tutti, in particolare a chi ha mucose orali sensibili o è soggetto ad afte».
Il mal di denti è un grave segnale d’allerta che cerca di far percepire che è giunto il momento di richiedere l’intervento del dentista. Il mal di denti può essere di natura infettiva e impone sempre la visita di controllo di uno specialista. I tessuti dentali non godono di capacità rigenerativa, pertanto non possono guarire spontaneamente.
Troppo spesso un semplice mal di denti viene banalizzato: questo comportamento può rivelarsi deleterio per la salute del cavo orale. In presenza di un’infezione, il mal di denti si percepisce come un dolore veramente insopportabile. Nei casi in cui è patologico, si sconsiglia vivamente di evitare il dentista soffocandolo con i farmaci analgesici
Cosa fare in presenza di mal di denti?
Prima della visita da uno specialista si può arginare il mal di denti mettendo in pratica alcuni semplici consigli:
1. Assumere un antidolorifico, ad esempio l’ibuprofene che è il più indicato per tenere sotto controllo il mal di denti. Si ricorda che questi analgesici agiscono esclusivamente sul dolore, ma non fanno niente per risolvere la causa che lo scatena. Prima di assumere farmaci è sempre consigliabile un parere medico.
2. Lavare i denti con acqua tiepida, mai troppo calda od eccessivamente fredda. Gli stimoli termici possono infatti aggravare il mal di denti.
3. Un mal di denti che persiste da alcuni giorni può essere placato temporaneamente con l’applicazione sulla guancia di un pò di ghiaccio, meglio se avvolto in un panno morbido.
4. Utilizzare il filo interdentale o lo scovolino con attenzione, senza irritare le gengive ed accentuare il mal di denti preesistente.
5. Lavare i denti con dentifrici di buona qualità. In caso di ipersensibilità dentale si sconsigliano paste dentifrice abrasive o sbiancanti, perché potrebbero sensibilizzare i denti, accentuando il dolore.
6. Evitare di assumere alimenti troppo caldi o troppo freddi: le temperature e potrebbero aggravare il mal di denti.
7. Evitare di masticare chewin-gum o caramelle.
8. In seguito a consulto medico, è possibile applicare sulle gengive indolenzite un gel a base di lidocaina, in quanto anestetico locale diminuisce il dolore.
9. E’ importante utilizzare uno spazzolino a setole morbide ed evitare lo spazzolino elettrico o quelli con setole rigide.
10. Eseguire sempre una corretta igiene orale, spazzolando sempre i denti dopo tutti i pasti.
Sorrisi imperfetti addio. La promessa per denti nuovi di zecca arriva dalla genetica. Un gruppo di ricercatori ha infatti scoperto il “gene del sorriso“, responsabile della crescita dello smalto, lo strato bianco e resistente che ricopre i denti. Quando è danneggiato o definitivamente perso lasciando posto alla più sensibile dentina, l`organismo infatti non riesce a ricrearlo. Manipolando staminali e genetica sarà possibile, quindi, in futuro utilizzare il gene per otturazioni e protesi forti come i denti naturali.
Un gene multiforme – Il “fattore sorriso” è per ora una dimostrazione di laboratorio, anche se la ricerca pubblicata pubblicata sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas) da Chrissa Kioussi, della Oregon State University getta le basi per l`applicazione sull`uomo.Tutto dipende da un fattore di trascrizione, il Ctip2, coinvolto in molti processi, dalle risposte immunitarie allo sviluppo della pelle e dei nervi. Isolato sui topolini e rimesso in azione è riuscito a ridare “smalto” anche agli strati esterni della dentizione. “Non è insolito per un gene essere legato a più funzioni – ha spiegato Kioussi – ma per ora non sapevamo cose guidasse la produzione dello smalto”.
Per le cure odontoiatriche – Sulle tracce del gene Ctip2, i ricercatori hanno compreso come agisse per stimolare gli ameloblasti, le cellule “granitiche” che producono lo smalto. Per la prima volta il meccanismo è stato decodificato e combinato con l`uso di staminali potrebbe passare dalla sperimentazione dei laboratori biomedici ai laboratori dentistici. Lesioni e graffi sui denti, inestetiche ma anche causa di sensibilità al caldo e al freddo, potrebbero essere superate con iniezioni di staminali. Anche le otturazioni potrebbero essere più resistenti. Niente più materiali sintetici e al bando anche la chimica. Al posto di impasti destinati comunque ad assottigliarsi, il gene metterebbe in moto una sorta di autoriparazione del dente.
Quando trova un dentino sotto il cuscino, la “fata dei denti” non è sempre contenta. Insieme alla monetina che il piccolo si aspettava, questa volta ha lasciato una letterina. Henry Warner, un inglese che lavora nel mondo dell’educazione, voleva far capire al figlio quanto fosse importante lavarsi i denti e ha scelto un metodo piuttosto originale.
La “fatina” scrive infatti nella letterina di aver analizzato il dente che il bambino le aveva mandato e di non essere affatto contenta: “Abbiamo trovato tracce di aranciata, di cereali e di cioccolata”, scrive la fatina. C’è stato bisogno di esami straordinari, per questo la fatina è stata costretta a ritardare il pagamento. La prossima volta però, al bimbo potrebbe andare peggio: “Per questa volta accettiamo il tuo dente ma vogliamo che ci assicuri che la prossima volta troveremo i tuoi denti in condizioni migliori”.
Se i genitori non erano riusciti a convincerlo in altri modi, adesso il bambino potrebbe cambiare idea. Pur di non scontentare la fatina, sicuramente accetterà il suo consiglio.
La placca dentale o placca batterica, è l’insieme di microrganismi, residui di cibo e molecole provenienti dalla saliva, che si deposita sulle superfici dei denti. La sua mancata rimozione espone al rischio di carie, infiammazione delle gengive e dei tessuti profondi di sostegno del dente.
In condizioni normali e di salute orale la bocca è “popolata” da più di 700 differenti specie di batteri, la maggior parte dei quali non sono dannosi e vivono in armonia con il loro ospite. La mancata rimozione della placca a intervalli regolari dei depositi che si accumulano sulle superfici dei denti crea uno strato fortemente adeso: la placca dentale inizia a maturare e si sviluppano al suo interno dei batteri capaci di determinare danno ai denti ed alle gengive. Si creano quindi le condizioni ambientali che favoriscono la proliferazione dei ceppi batterici più pericolosi e dannosi, con conseguente compromissione delle difese dell’organismo e infiammazione dei tessuti che circondano e sostengono i denti. I batteri, inoltre, possono utilizzare gli zuccheri introdotti con la dieta per produrre acido lattico ed enzimi vari, che provocano la demineralizzazione dei tessuti duri del dente e la conseguente carie dentaria. Ne deriva che un’attenta regolare rimozione della placca a casa e una periodoca seduta di igiene professionale aiutano a mantenere la salute di denti e gengive.
- Cosa è esattamente la placca dentale?
La maturazione della placca dipende dalla crescita e dalla moltiplicazione batterica. La maggior parte dei batteri, infatti, non sopravvive come entità unicellulare indipendente, ma come biofilm, ossia una pellicola costituita da una matrice di polimeri.
Il biofilm si comporta come un microambiente particolare all’interno del quale i batteri hanno caratteristiche e ruoli differenti: alcuni, i primi a depositarsi in ordine di tempo, sono dotati di particolari componenti, che consentono l’adesione alla superficie del dente; altri invece hanno bisogno di tempi più lunghi per depositarsi e sono quindi subordinati, nell’adesione, alla presenza di altri ceppi già insediati.
Una volta inglobati nel biofilm, i batteri si organizzano per distribuire le varie attività metaboliche tra i differenti membri del biofilm stesso. Alcune condizioni ambientali particolari, quali l’assenza di ossigeno, inducono una modifica nella composizione del biofilm, con proliferazione di ceppi batterici patogeni.
La placca batterica può andare incontro a calcificazione per precipitazione di sali di calcio e fosfati presenti nella saliva, creando sulle superfici dei denti un deposito duro, chiamato tartaro. Il tartaro, chiamato anche calcolo dentale, è formato dall’insieme dei depositi minerali che si annidano intorno al dente. Nello specifico, il tartaro è composto per il 70-80% da sali inorganici, in prevalenza calcio, ma anche fosforo, sodio, manganese, carbonato e fluoruro. Il tartaro si forma sia in sede sopra-gengivale che sotto-gengivale. La composizione chimica ed il pH (ovvero il grado di acidità) della saliva sono i principali fattori alla base della formazione del tartaro dentale, in quanto ne possono condizionare la quantità, la velocità di formazione e la sua composizione.
Il tartaro crea una superficie ruvida che favorisce l’accumulo di placca batterica.
- Perché la placca dentale è dannosa?
La placca dentale è il fattore principale di gengivite e parodontite, oltre che della carie. Pertanto, la pulizia accurata dei denti è fondamentale per prevenire sia la carie che l’infiammazione dei tessuti che circondano i denti. I batteri utilizzano le sostanze presenti nei residui alimentari che restano nella bocca contenuti nella placca e, come prodotti del loro metabolismo, rilasciano tossine che sono la causa principale dell’infiammazione dei tessuti parodontali. Se l’infiammazione si estende più in profondità, le fibre che mantengono il dente attaccato alla gengiva e all’osso vengono distrutte, con la formazione di uno spazio, chiamato tasca parodontale. La tasca parodontale, una volta formatasi, favorisce l’ulteriore accumulo di placca al suo interno e crea le condizioni ideali, in assenza di ossigeno, per le specie batteriche più aggressive e dannose, con conseguente ulteriore progressione dell’infiammazione e della malattia. La placca batterica, quindi, va rimossa regolarmente e completamente da tutte le superfici della bocca (denti, gengive, dorso della lingua)!
- Come rimuovere la placca batterica?
La rimozione della placca avviene mediante detersione meccanica, con lo spazzolino, il filo interdentale, lo spazzolino interprossimale (o scovolino). Lo spazzolino elettrico appare essere più efficace di quello manuale. Parimenti si tende a consigliare lo scovolino in quanto più efficace del filo interdentale.Le istruzioni sull’impiego dei diversi strumenti e delle tecniche di spazzolamento più appropriate devono essere impartite dal dentista o dall’igienista dentale e personalizzate da paziente a paziente. È essere necessario eseguire periodicamente delle sedute di igiene orale professionale per integrare l’igiene orale domiciliare. La placca dentale, una volta indurita con la formazione di depositi di tartaro, può essere rimossa in maniera completa solo dal dentista o dall’igienista, mediante strumenti manuali o ad ultrasuoni.