L’Organizzazione Mondiale per la Sanità indica come necessari a prevenire forme di contagio nelle zone “rosse”, i dispositivi di protezione individuale di categoria FFP2 o FFP3, i quali sono dotati degli standard necessari a svolgere tale funzione.
“Si tratta di dotazioni più sofisticate delle normali mascherine di protezione – dichiara ad ANDI Claudio Galbiati, Presidente di Assosistema Safety – Per garantire un’azione efficace, è necessario siano indossate correttamente, prestando molta attenzione alle indicazioni presenti nelle confezioni. Quando il professionista si trova in situazioni per le quali il rischio di contagio potrebbe essere maggiore, sono consigliati gli occhiali a mascherina, che aderiscono al viso, proteggendo le mucose degli occhi”.
I problemi maggiormente evidenziati dai medici riguardano la reperibilità di questi DPI.
“Vista la forte e improvvisa crescita della domanda – prosegue Galbiati – Assosistema Safety si è attivata con i produttori associati per incrementare il livello di produzione, attualmente già oltre tre volte gli abituali volumi. Attraverso il costante monitoraggio dell’andamento della domanda, le aziende si stanno attrezzando per sviluppare ulteriormente la produzione e garantire la disponibilità di materiale. È comunque importante – conclude Galbiati – che i professionisti gestiscano gli ordini secondo una previsione di utilizzo nel medio periodo, consentendo una distribuzione quanto più capillare possibile”.
“Con la sezione Safety di Assosistema Confindustria – aggiunge Matteo Nevi, Segretario generale Assosistema – abbiamo predisposto una sezione del sito dell’Associazione (http://www.assosistema.it/coronavirus-safety/) dove è possibile reperire tutte le informazioni utili sulla scelta dei DPI e sul loro corretto utilizzo”.
Assosistema Safety, in una nota specifica come -tutti i DPI sono regolamentati a livello europeo dal Regolamento UE 2016/425 che abroga e sostituisce la precedente Direttiva 89/686/CEE. Tale Regolamento richiede, in termini generici, che ogni prodotto rispetti dei “requisiti essenziali di salute e di sicurezza e delle procedure di valutazione della conformità”. Per agevolare il fabbricante in questa richiesta, il Comitato Europeo di Normazione (CEN) emana delle norme tecniche EN specifiche per i vari DPI, all’interno delle quali vengono individuati dei requisiti, il cui soddisfacimento comporta una rispondenza ai “requisiti essenziali di salute e sicurezza”. La valutazione di conformità, ottenuta applicando quanto prescritto dalla norma, porta all’apposizione del marchio CE, senza il quale non è permessa la commercializzazione di alcun DPI.
Come primo elemento, dunque, i DPI in commercio, di qualunque tipo o categoria essi siano, devono presentare la marcatura CE. Passando, invece, alle norme tecniche, nel campo della protezione delle vie respiratorie ne vengono applicate, a seconda della tipologia di prodotto, circa una quarantina. Nel caso specifico, il tipo di maschere filtranti, richieste per evitare il contagio da Coronavirus, sono regolate dalla norma EN 149. Tale norma, a seconda dell’efficienza filtrante, classifica le maschere in FFP1, FFP2, FFP3, dove FF significa Facciale Filtrante. Quando si acquista il prodotto, dunque, su di esso o sulla sua confezione deve essere presente il riferimento a questo standard.
Bisogna fare attenzione in fase di acquisto, dato che a volte, specie nei grandi centri commerciali, ci si può imbattere in mascherine non classificate e prive di marcatura, la cui efficacia protettiva risulta quanto meno dubbia. Questo tipo di prodotti, non sono DPI!
Le differenze tra le normali mascherine medicali e i DPI:
tralasciando i tecnicismi e le diverse normative a cui rispondono i Dispositivi Medici, le mascherine Medicali svolgono una differente funzione rispetto al DPI. Esse hanno come caratteristica quella di proteggere non il portatore ma il paziente sul tavolo operatorio dalla possibile contaminazione che può essere veicolata dagli operatori sanitari. Queste mascherine, le cui caratteristiche e performance sono molto inferiori alle citate FFP2 o FFP3 possono, quindi, evitare che il portatore diffonda il contagio, ma non proteggono lo stesso adeguatamente dal contagio di provenienza altrui.
Ecco alcune indicazioni su come scegliere il giusto dentifricio per il vostro bambino:
- Nei primi mesi niente spazzolino, né dentifricio: se l’alimentazione è sana e povera di zuccheri basta strofinare delicatamente con garza umida o con gli appositi ditalini di gomma sulle gengive e sui denti.
- Da 1 a 3 anni sì allo spazzolino ma attenzione al dentifricio: il bambino deve iniziare a prendere confidenza con lo spazzolino, ma saranno sempre mamma e papà a pulire i denti. Utilizzate una piccolissima quantità di dentifricio adatto ai bambini (con massimo 500 ppm di fluoro), perché il bambino non è ancora in grado di controllare la deglutizione e rischia di ingerirne una quantità troppo alta (il 65% secondo alcuni studi).
- Dopo i 3/4 anni: il bambino può iniziare a lavarsi i denti da solo con spazzolino e dentifricio, sotto l’occhio vigile di mamma e papà. In questo caso il dentifricio deve avere un contenuto di fluoro non superiore a 1000 ppm. Una quantità che garantisce il corretto apporto di fluoro per proteggere i denti, ma è abbastanza basso per evitare la fluorosi .
- Dai 6 anni in poi: è il momento dell’emancipazione: il bimbo si può lavare i denti da solo e senza limiti di fluoro. Può usare un dentifricio per adulti perché la quantità ingerita involontariamente scende al 30% perché i riflessi di deglutizione sono già sviluppati.
Molti, e non solo i bambini, ne hanno paura, ma a quanto pare il dentista potrebbe rivelarsi un prezioso alleato per l’organismo, con un effetto che va ben oltre la prevenzione di carie e disturbi gengivali. È quanto è emerso da un lavoro presentato nel corso della Id week, il meeting annuale che coinvolge la Infectious diseases society of america, la Society for healthcare epidemiology of america, la Hiv medicine association e la Pediatric infectious diseases society.
«Controlli regolari da dentista sono importanti anche nel ridurre il rischio di polmonite» spiega Michelle Doll, della Virginia Commonwealth University e prima autrice della ricerca, ricordando che ogni anno circa un milione di persone si ammala di polmonite negli Stati Uniti e 50mila ne muore. Per arrivare ai loro risultati, Doll e colleghi hanno analizzato i dati relativi a oltre 26mila soggetti scoprendo che chi non si era mai recato da un dentista aveva una probabilità dell’86 per cento più alta di contrarre una polmonite batterica rispetto a chi vedeva il dentista regolarmente, due volte l’anno.
Ma cosa ha a che fare l’igiene orale con la salute dei polmoni? «Tutti possono contrarre la polmonite, anche se la patologia è più comune in chi presenta malattie polmonari o sindromi come l’Aids» precisa la ricercatrice che poi aggiunge: «Esiste un legame chiaro tra igiene orale e polmonite e non c’è dubbio che le visite dentistiche siano fondamentali per mantenere una buona igiene orale». Alla base di questa relazione ci sono i batteri che popolano la bocca. «Il cavo orale non sarà mai un ambiente sterile, ma di certo una buona igiene orale può limitare il numero di batteri presenti in queste regioni» dice Doll, che poi conclude: «Questi dati sottolineano come la salute orale sia strettamente legata alla salute generale dell’organismo e suggeriscono anche l’importanza di includere le cure dentali nei controlli di routine per la salute».
Il fumo è il principale fattore di rischio per lo sviluppo di patologie del cavo orale come la parodontite, ossia l’infiammazione della gengiva e del parodonto che causa la mobilità dei denti e la loro caduta precoce. Ecco perché è il peggiore nemico dei tuoi denti.
Il fumo diminuisce le difese immunitarie nei confronti della placca, sostiene la proliferazione batterica, macchia lo smalto, aumenta il rischio di gengiviti e retrazione gengivale, crea fenomeni di alitosi e apnee notturne, e può indurre l’insorgenza di neoplasie del cavo orale con una probabilità sei volte superiore rispetto ai non fumatori. Ed ecco perché è il peggiore nemico della tua salute.
Secondo il Ministero della Salute, il fumo attivo rimane la principale causa di morbosità e mortalità prevenibile in Italia; si stima che siano attribuibili al fumo di tabacco dalle 70.000 alle 83.000 morti l’anno, con oltre il 25% di questi decessi compreso tra i 35 e i 65 anni di età. Alla luce di questi dati e delle ragioni fin qui esposte, consigliamo ai fumatori di sottoporsi a una seduta di igiene orale professionale ogni quattro mesi in modo da tenere la situazione sotto controllo e prevenire qualunque problema.
In più, un’attenta igiene orale quotidiana, la cessazione del fumo, la minore assunzione di zuccheri e alcol, un’alimentazione equilibrata ricca di frutta e verdura, sono stili di vita che è caldamente raccomandato fare propri.
Ricercatori statunitensi hanno scoperto che c’è relazione tra il numero delle gravidanze e i problemi di carie in gravidanza. “Le donne che hanno più figli sono associate con un minor numero di denti”, questo ha detto il Dott. Stefanie Russell, leader di un team di ricercatori della New York University College of Dentistry.
Ma, ha sottolineato che questo non era dovuto al costo delle cure dentarie. “La gente potrebbe pensare che questo accade perché la donna con bassi livelli economici e molti bambini non possa permettersi di andare dal dentista. Nella ricerca abbiamo trovato, che questo avviene a tutti i livelli economici “, ha detto il dottor Russell. Gli scienziati hanno esaminato i dati di 2.635 donne, di età compresa tra 18-64 anni e ordinati in tre gruppi in base al loro status socio-economico. I risultati di questi tre gruppi hanno rilevato che le mamme con più bambini avevano meno denti, indipendentemente dalla loro situazione socioeconomica.
Secondo gli esperti, la causa più probabile di questo fenomeno è un’infiammazione nella cavità orale. Durante la gravidanza, le risposte del tessuto orale ai batteri nella bocca di una donna cambia. Questo fa sì che la madre sia più suscettibile alle malattie gengivali che se non trattate possono causare gravi malattie e persino la perdita dei denti.
La tasca parodontale è una delle principali espressioni cliniche della parodontite e viene diagnosticata attraverso il sondaggio parodontale.
In condizioni normali il solco gengivale (solco tra dente e gengiva) è profondo fino a 3 millimetri.
Si parla di tasche parodontali quando questa misura aumenta e supera i 4-5 mm.
Le tasche parodontali possono essere localizzate attorno a uno o pochi denti, oppure avere una distribuzione più generalizzata e possono interessare sia gli adulti che i giovani.
Placca Batterica e Tartaro. I batteri , che inducono la formazione della tasca parodontale (chiamati parodontopatogeni) sono presenti nella placca che aderisce al dente nelle sue parti superficiali (la corona) e a seguire più profonde (la radice). Quando i depositi batterici si induriscono, mineralizzandosi, si forma il tartaro. La riduzione della tasca passa attraverso l’eliminazione dei batteri parodontopatogeni assicurandosi che nel tempo essi non ricolonizzino l’area trattata con successo.
Fumo. L’abitudine al fumo peggiora la gravità delle tasche parodontali.
Segni e sintomi. Ci sono dei sintomi che sono spesso correlati alla presenza di una tasca parodontale: (se viene notata una di queste condizioni è consigliabile rivolgersi al proprio dentista di fiducia o ad un parodontologo)
- Sanguinamento della gengiva attorno al dente;
- Pus che fuoriesce dalla gengiva
- Mobilità del dente in assenza di un trauma particolare;
- Spostamento di un dente senza che vi sia stato un trauma o apparenti altri motivi;
- alito cattivo spesso causato dai batteri parodontopatogeni.
L’intervento dell’Odontoiatra
Quando si pensa di avere una o più tasche parodontali la cosa migliore da fare è parlarne con il parodontologo che potrà verificarne l’eventuale presenza attraverso il sondaggio parodontale ed approfondire la diagnosi con l’esecuzione di radiografie ed esami strumentali specifici. In base alla diagnosi di parodontite e all’inquadramento complessivo dello stato di salute della bocca il professionista indicherà il corretto percorso terapeutico da eseguire per eliminare i batteri che colonizzano le tasche parodontali.
Consigli pratici
- Verifica che il tuo odontoiatra esegua il sondaggio parodontale quando controlla lo stato di salute del tuo cavo orale, dei tuoi denti e dei tessuti di sostegno del dente
- Se pensi di avere una tasca parodontale vai da un parodontologo e scopri se hai la parodontite: riceverai la terapia ed i corretti consigli comportamentali per curare la malattia.
Secondo le indicazioni del Ministero della Salute, l’unico fluoro utile per la salute dei bambini è quello contenuto nel dentifricio, nonostante molti consiglino ancora la fluoroprofilassi per i bambini.
L’integrazione di fluoro non è solo inutile, ma può essere addirittura dannosa in quanto causa di fluorosi dentale (scolorimento intrinseco dello smalto dei denti) perché, se assorbito per bocca, il fluoro entra nel dente attraverso il sangue e altera la struttura del dente stesso.
L’ impiego del fluoro invece, attraverso spazzolino e dentifricio, fa si che questo si leghi allo smalto dei denti e li protegga dalle carie senza creare danni. Molto più importante e utile per la prevenzione è invece insegnare ai bambini, fin dai primi anni di vita, a prendersi cura della propria salute orale e seguire un’alimentazione sana e bilanciata.
Già in gravidanza si può fare prevenzione attraverso l’alimentazione; nei cibi, quelli buoni, quelli più vicini a come la Natura li offre, non manipolati dall’industria alimentare, c’è tutto quello di cui l’uomo ha bisogno. Una buona alimentazione, la vita all’aperto, la luce del sole, l’attività fisica, il giusto riposo e la serenità mentale sono tutti fattori che concorrono al benessere del corpo e quindi anche dei denti. Una corretta, ma non ossessiva igiene dentale fa il resto!
Lavare i denti 3 volte al giorno non fa bene solo all’igiene orale, ma allungherebbe anche la vita delle persone riducendo il rischio infarto. Lo afferma una recente ricerca. Secondo una interessante ricerca da poco pubblicata, lavarsi i denti tre volte al giorno ridurrebbe del 10% i rischi di una insufficienza cardiaca e fibrillazione atriale. Ciò avverrebbe perché una costante igiene orale ridurrebbe l’ingresso nel sangue della colonia di batteri che vivono sui nostri denti e sulle gengive.
La ricerca arriva dalla Corea del Sud, dove gli scienziati avrebbero studiato la correlazione tra l’igiene orale e i problemi cardiaci di 161mila persone di età compresa tra i 40 e i 79 anni, che si erano sottoposte ad analisi specialistiche tra il 2003 e il 2004: a distanza di 10 anni i pazienti sono stati controllati ancora una volta e il 5% ha sviluppato problemi cardiaci e il 3% un problema di fibrillazione atriale. Il 12% del campione ha mostrato un minor rischio di infarto e il 10% un ridotto rischio di fibrillazione atriale, in questi due casi la correlazione con la pulizia dei denti 3 volte al giorno sarebbe stata accertata.
La ricerca precisa anche che la riduzione dei rischi è indipendente dal sesso del paziente, dall’estrazione sociale e dall’età dell’individuo. Ma è un dato indipendente anche dall’attività sportiva, dall’uso di alcolici e dal peso.
Fonte: www.sputniknews.com