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Perché i denti degli adulti non ricrescono?

Dopo tutto se l’hanno fatto una volta, perché non dovrebbero farlo una seconda?

I denti non ricrescono perché una volta che spuntano quelli definitivi non ci sono più le gemme dentarie, le strutture che potrebbero farli ricrescere e che sono invece ancora presenti quando cadono i denti da latte. La gemma dentaria è un precursore, presente all’interno dell’osso alveolare, che contiene le cellule formatrici dello smalto (adamantoblasti), la papilla dentaria (che si trasforma in polpa dentale) e le cellule responsabili della formazione della dentina (odontoblasti). L’uomo è difiodonte, cioè vede crescere due sole dentizioni: la prima è composta da venti denti da latte, o decidui, che spuntano in genere dai sei mesi ai due anni e mezzo di età; la seconda è costituita dai denti definitivi, che subentrano ai primi erodendone le radici e portandoli alla caduta.

La dentizione definitiva si completa attorno ai venti anni, con la crescita dei denti del giudizio.

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Parodontite: meglio lo spazzolino elettrico?

Gengive arrossate, dolenti, anche sanguinanti: sono i sintomi della parodontite, infiammazione che riguarda 20 milioni di over 35 e che, trascurata, danneggia salute e integrità della bocca.
Per difendersi da questa patologia sottovalutata (solo un italiano su tre la conosce), la Società di parodontologia ha divulgato le linee guida “salva-denti”. Che mettono, al primo posto, una buona igiene orale, necessaria per eliminare la placca batterica: vale per tutti, ma ancor di più per chi ha già i primi segnali della malattia.
«In questi casi, meglio lavarsi i denti almeno due volte al giorno per quattro o cinque minuti anziché per i due canonici; sì allo spazzolino elettrico, più efficace del manuale, e ai collutori antiplacca consigliati dal dentista; sì a uno scovolino adatto ai propri spazi interdentali, al posto del filo» raccomanda Maurizio Tonetti, presidente Sidp. «Indispensabili poi lapulizia dei denti dallo specialista due volte l’anno, associata a un controllo e a un test che valuta in pochi minuti, grazie a una sonda speciale, lo stato delle gengive».
Ogni anno spendiamo un miliardo di euro per le conseguenze della parodontite. «Seguendo le nostre linee, il 90 per cento si potrebbe risparmiare».

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Sapevi che chi fuma rischia di perdere i denti?

Chi vive a stretto contatto con i prodotti del tabacco corre un rischio talvolta triplo di perdere i denti e compromettere il proprio sorriso.

I denti dei fumatori si riconoscono a prima vista, per il loro colore ingiallito. Non è soltanto una questione cromatica, però. Chi fuma convive con un rischio più alto (da 2,5 a 3,6 volte) di perdere i propri denti rispetto a chi si tiene a distanza dalle sigarette. È quanto conferma uno studio pubblicato sul Journal of Dental Research, condotto da ricercatori dell’Università di Birmingham e dell’Istituto tedesco di nutrizione umana di Potsdam. Arruolando oltre ventitremila persone (coinvolte nello studio Epic), gli autori puntavano a indagare l’associazione tra il fumo di sigaretta e la prevalenza della perdita dei denti. Ne è venuta fuori una correlazione più stretta tra gli uomini che tra le donne, tra i forti fumatori: ovvero chi accende più di quindici sigarette al giorno. L’effetto s’è dunque rivelato dipendente dalla dose e più marcato tra i giovani. «Tra i ragazzi che fumano è più facile che si sviluppi una forma di   parodontite aggressiva che conduce più velocemente, rispetto alla parodontite cronica della maturità, alla perdita di elementi dentali», commenta Luigi Paglia, direttore del dipartimento di odontoiatria materno-infantile dell’Istituto Stomatologico Italiano di Milano e membro del comitato scientifico del progetto No Smoking Be Happy della Fondazione Veronesi, che fino al 16 ottobre sarà presente all’Istituto Humanitas di Milano con la mostra che punta a far conoscere a tutti, giovani e non, i danni provocati dal fumo.

La causa, a prescindere dall’età, è da ricercare nella cronicizzazione della parodontite, un’infiammazione che determina il distacco dei denti rispetto all’alveolo, la tasca che li contiene. Il fumo ne è un fattore rischio – la nicotina assorbita fumando una sigaretta produce un effetto di vasocostrizione periferica, da cui il ridotto afflusso di sangue e ossigeno ai tessuti che si trovano attorno al dente – e maschera quello che è il segno che contraddistingue la malattia: il sanguinamento delle gengive. Con il risultato che queste appaiono più sane di quanto non lo siano realmente. C’è però anche una buona notizia: chi smette di fumare vede tornare questo rischio sullo stesso livello del resto della popolazione, anche se questa transizione ha una durata che può arrivare a dieci anni e varia in base alla quantità di sigarette fumate nel corso della vita.

La perdita dei denti rimane un problema di salute pubblica non trascurabile anche in Italia, dove fuma il 21% della popolazione: ovvero 10,9 milioni di persone. «Nei fumatori il rischio di parodontite grave è tre volte maggiore rispetto ai non fumatori», afferma Paglia. Di conseguenza più alto è anche il rischio di perdere troppo in fretta la propria dentatura. «Le malattie parodontali riguardano circa l’80% degli italiani over 55 e assieme alle carie rappresentano invece il primo bersaglio in una ottica di prevenzione. I principali fattori di rischio sono la scarsa igiene orale, il consumo di tabacco, il consumo eccessivo di alcol, il diabete mellito e lo stress. Tutti aspetti su cui è possibile intervenire modificando lo stile di vita», conclude Paglia. Ma non solo. Il fumo sembra danneggiare anche le terapie odontoiatriche. Le percentuali di fallimento dell’impianto nei fumatori viaggiano attorno all’11,3%, contro il 4,8% dei non fumatori.

 

 

fonte: Fabio Di Todaro – Fondazione Umberto Veronesi

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Dentista Treviglio | Denti e gengive sane con il bio-dentifricio

Garantire la salute di denti e gengive in modo non artificioso, semplicemente potenziandone le capacità di autodifesa. Oggi è possibile, grazie a bio-dentifrici ispirati alla saliva, da cui prendono in prestito enzimi e proteine speciali in grado di “controllare” i batteri, mantenendo in equilibrio costante la microflora della bocca.
«Contengono lattoperossidasi, lisozima, lattoferrina, colostro: tutte sostanze naturali e protettive che ostacolano la proliferazione batterica» spiega Giancarlo Barraco, docente di odontoiatria all’Università di Perugia. «Fra gli ingredienti, inoltre, non compare il laurilsolfato di sodio (Sls), sostituito da un agente schiumogeno più delicato, che rispetta i tessuti».
Il risultato è un prodotto, come Zendium, che non altera la percezione del gusto dopo l’uso dello spazzolino, come avviene di solito con le paste al fluoro e Sls, che in grado di aumentare del 60 per cento la “forza” con cui si combattono carie, sensibilità gengivale e dentale. «In tre mesi i dentifrici alla lattoperossida si migliorano lo stato delle gengive rispetto a quelli tradizionali, sono adatti a tutti, in particolare a chi ha mucose orali sensibili o è soggetto ad afte».

Dentista Treviglio | Mal di denti? Ecco i nostri consigli

Il mal di denti è un grave segnale d’allerta che cerca di far percepire che è giunto il momento di richiedere l’intervento del dentista. Il mal di denti può essere di natura infettiva e impone sempre la visita di controllo di uno specialista. I tessuti dentali non godono di capacità rigenerativa, pertanto non possono guarire spontaneamente.
Troppo spesso un semplice mal di denti viene banalizzato: questo comportamento può rivelarsi deleterio per la salute del cavo orale. In presenza di un’infezione, il mal di denti si percepisce come un dolore veramente insopportabile. Nei casi in cui è patologico, si sconsiglia vivamente di evitare il dentista soffocandolo con i farmaci analgesici

Cosa fare in presenza di mal di denti?

Prima della visita da uno specialista si può arginare il mal di denti mettendo in pratica alcuni semplici consigli:

1. Assumere un antidolorifico, ad esempio l’ibuprofene che è il più indicato per tenere sotto controllo il mal di denti. Si ricorda che questi analgesici agiscono esclusivamente sul dolore, ma non fanno niente per risolvere la causa che lo scatena. Prima di assumere farmaci è sempre consigliabile un parere medico.

2. Lavare i denti con acqua tiepida, mai troppo calda od eccessivamente fredda. Gli stimoli termici possono infatti aggravare il mal di denti.

3. Un mal di denti che persiste da alcuni giorni può essere placato temporaneamente con l’applicazione sulla guancia di un pò di ghiaccio, meglio se avvolto in un panno morbido.

4. Utilizzare il filo interdentale o lo scovolino con attenzione, senza irritare le gengive ed accentuare il mal di denti preesistente.

5. Lavare i denti con dentifrici di buona qualità. In caso di ipersensibilità dentale si sconsigliano paste dentifrice abrasive o sbiancanti, perché potrebbero sensibilizzare i denti, accentuando il dolore.

6. Evitare di assumere alimenti troppo caldi o troppo freddi: le temperature e potrebbero aggravare il mal di denti.

7. Evitare di masticare chewin-gum o caramelle.

8. In seguito a consulto medico, è possibile applicare sulle gengive indolenzite un gel a base di lidocaina, in quanto anestetico locale diminuisce il dolore.

9. E’ importante utilizzare uno spazzolino a setole morbide ed evitare lo spazzolino elettrico o quelli con setole rigide.

10. Eseguire sempre una corretta igiene orale, spazzolando sempre i denti dopo tutti i pasti.

Dentista Treviglio | Individuato il gene che dà smalto al sorriso

Sorrisi imperfetti addio. La promessa per denti nuovi di zecca arriva dalla genetica. Un gruppo di ricercatori ha infatti scoperto il “gene del sorriso“, responsabile della crescita dello smalto, lo strato bianco e resistente che ricopre i denti.  Quando è danneggiato o definitivamente perso lasciando posto alla più sensibile dentina, l`organismo infatti non riesce a ricrearlo. Manipolando staminali e genetica sarà possibile, quindi, in futuro  utilizzare il gene per otturazioni e protesi forti come i denti naturali.
Un gene multiforme – Il “fattore sorriso” è per ora una dimostrazione di laboratorio, anche se la ricerca pubblicata pubblicata sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas) da Chrissa Kioussi, della Oregon State University getta le basi per l`applicazione sull`uomo.Tutto dipende da un fattore di trascrizione, il Ctip2, coinvolto in molti processi, dalle risposte immunitarie allo sviluppo della pelle e dei nervi. Isolato sui topolini e rimesso in azione è riuscito a ridare “smalto” anche agli strati esterni della dentizione. “Non è insolito per un gene essere legato a più funzioni – ha spiegato Kioussi – ma per ora non sapevamo cose guidasse la produzione dello smalto”.
Per le cure odontoiatriche – Sulle tracce del gene Ctip2, i ricercatori hanno compreso come agisse per stimolare gli ameloblasti, le cellule “granitiche” che producono lo smalto. Per la prima volta il meccanismo è stato decodificato e combinato con l`uso di staminali potrebbe passare dalla sperimentazione dei laboratori biomedici ai laboratori dentistici. Lesioni e graffi sui denti, inestetiche ma anche causa di sensibilità al caldo e al freddo, potrebbero essere superate con iniezioni di staminali. Anche le otturazioni potrebbero essere più resistenti. Niente più materiali sintetici e al bando anche la chimica. Al posto di impasti destinati comunque ad assottigliarsi, il gene metterebbe in moto una sorta di autoriparazione del dente.

La placca dentale

La placca dentale o placca batterica, è l’insieme di microrganismi, residui di cibo e molecole provenienti dalla saliva, che si deposita sulle superfici dei denti. La sua mancata rimozione espone al rischio di carie, infiammazione delle gengive e dei tessuti profondi di sostegno del dente.

In condizioni normali e di salute orale la bocca è “popolata” da più di 700 differenti specie di batteri, la maggior parte dei quali non sono dannosi e vivono in armonia con il loro ospite. La mancata rimozione della placca a intervalli regolari dei depositi che si accumulano sulle superfici dei denti crea uno strato fortemente adeso: la placca dentale inizia a maturare e si sviluppano al suo interno dei batteri capaci di determinare danno ai denti ed alle gengive. Si creano quindi le condizioni ambientali che favoriscono la proliferazione dei ceppi batterici più pericolosi e dannosi, con conseguente compromissione delle difese dell’organismo e infiammazione dei tessuti che circondano e sostengono i denti. I batteri, inoltre, possono utilizzare gli zuccheri introdotti con la dieta per produrre acido lattico ed enzimi vari, che provocano la demineralizzazione dei tessuti duri del dente e la conseguente carie dentaria. Ne deriva che un’attenta regolare rimozione della placca a casa e una periodoca seduta di igiene professionale aiutano a mantenere la salute di denti e gengive.

  • Cosa è esattamente la placca dentale?

 

La maturazione della placca dipende dalla crescita e dalla moltiplicazione batterica. La maggior parte dei batteri, infatti, non sopravvive come entità unicellulare indipendente, ma come biofilm, ossia una pellicola costituita da una matrice di polimeri.

Il biofilm si comporta come un microambiente particolare all’interno del quale i batteri hanno caratteristiche e ruoli differenti: alcuni, i primi a depositarsi in ordine di tempo, sono dotati di particolari componenti, che consentono l’adesione alla superficie del dente; altri invece hanno bisogno di tempi più lunghi per depositarsi e sono quindi subordinati, nell’adesione, alla presenza di altri ceppi già insediati.

Una volta inglobati nel biofilm, i batteri si organizzano per distribuire le varie attività metaboliche tra i differenti membri del biofilm stesso. Alcune condizioni ambientali particolari, quali l’assenza di ossigeno, inducono una modifica nella composizione del biofilm, con proliferazione di ceppi batterici patogeni.

  • Cosa è il tartaro?

 

La placca batterica può andare incontro a calcificazione per precipitazione di sali di calcio e fosfati presenti nella saliva, creando sulle superfici dei denti un deposito duro, chiamato tartaro. Il tartaro, chiamato anche calcolo dentale, è formato dall’insieme dei depositi minerali che si annidano intorno al dente. Nello specifico, il tartaro è composto per il 70-80% da sali inorganici, in prevalenza calcio, ma anche fosforo, sodio, manganese, carbonato e fluoruro. Il tartaro si forma sia in sede sopra-gengivale che sotto-gengivale. La composizione chimica ed il pH (ovvero il grado di acidità) della saliva sono i principali fattori alla base della formazione del tartaro dentale, in quanto ne possono condizionare la quantità, la velocità di formazione e la sua composizione.

Il tartaro crea una superficie ruvida che favorisce l’accumulo di placca batterica.

  • Perché la placca dentale è dannosa?

 

La placca dentale è il fattore  principale di gengivite e parodontite, oltre che della carie. Pertanto, la pulizia accurata dei denti è fondamentale per prevenire sia la carie che l’infiammazione dei tessuti che circondano i denti. I batteri utilizzano le sostanze presenti nei residui alimentari che restano nella bocca contenuti nella placca e, come prodotti del loro metabolismo, rilasciano tossine che sono la causa principale dell’infiammazione dei tessuti parodontali. Se l’infiammazione si estende più in profondità, le fibre che mantengono il dente attaccato alla gengiva e all’osso vengono distrutte, con la formazione di uno spazio, chiamato tasca parodontale. La tasca parodontale, una volta formatasi, favorisce l’ulteriore accumulo di placca al suo interno e crea le condizioni ideali, in assenza di ossigeno, per le specie batteriche più aggressive e dannose, con conseguente ulteriore progressione dell’infiammazione e della malattia. La placca batterica, quindi, va rimossa regolarmente e completamente da tutte le superfici della bocca (denti, gengive, dorso della lingua)!

  • Come rimuovere la placca batterica?                                                                                                                    

La rimozione della placca avviene mediante detersione meccanica, con lo spazzolino, il filo interdentale, lo spazzolino interprossimale (o scovolino). Lo spazzolino elettrico appare essere più efficace di quello manuale. Parimenti si tende a consigliare lo scovolino in quanto più efficace del filo interdentale.Le istruzioni sull’impiego dei diversi strumenti e delle tecniche di spazzolamento più appropriate devono essere impartite dal dentista o dall’igienista dentale e personalizzate da paziente a paziente. È essere necessario eseguire periodicamente delle sedute di igiene orale professionale per integrare l’igiene orale domiciliare. La placca dentale, una volta indurita con la formazione di depositi di tartaro, può essere rimossa in maniera completa solo dal dentista o dall’igienista, mediante strumenti manuali o ad ultrasuoni.

denti del giudizio

Denti ipersensibili? Ecco cosa fare.

La terapia può semplicemente consistere nell’utilizzo di dentifrici desensibilizzanti specifici o prodotti venduti in farmacia come collutori o gel a base di fluoruri, ossalati o vetri bioattivi che se applicati sulle zone sensibili inducono la chiusura dei tuboli dentinali riducendo, se non eliminando, il fastidio.

Se questi approcci domiciliari dovessero risultare inefficaci si dovrà ricorrere a una terapia nello studio odontoiatrico, attraverso l’applicazione professionale di vernici che agiscono sulla struttura del dente, proteggendola. Se anche le sostanze desensibilizzanti professionali non dovessero riuscire a risolvere la sintomatologia si potrà intervenire con la ricostruzione dei tessuti andati persi. Il professionista dovrà ricostruire lo smalto a livello del colletto del dente oppure, dove le condizioni anatomiche lo permettono, ricorrere a un intervento di chirurgia plastica parodontale, che ha come obiettivo la copertura di tutta la superficie radicolare, con la ricostruzione delle gengive distrutte. Questa tecnica sembra essere il sistema più efficace e risolutivo.

Fonte: gazzettadelsud.it

Bambini e denti: cosa fare?

Gli incidenti ai denti nei bambini possono essere preoccupanti. Se il tuo bambino si tira su da solo tenendosi ai mobili o imparando a fare i primi passi, prima o poi cadrà sulla faccia. Occasionalmente può colpire un dente. Per prima cosa assicurati che il bambino non abbia altre ferite (al viso o alla testa, per esempio) che richiedano un trattamento d’emergenza.  Se le sue gengive iniziano a sanguinare, applica una pressione con un pezzo di garza bagnata per alcuni minuti (o fino a quando l’emorragia si ferma). Un succo di frutta ghiacciato può limitare il gonfiore e ha l’ulteriore vantaggio di distogliere la mente del bambino dal dolore. Chiama immediatamente il medico se vedi qualcosa di insolito nelle gengive o nei denti del tuo bambino durante la prossima settimana, o se noti qualche segno di infezione, come febbre, gonfiore e indolenzimento.

Devo portare il mio bambino dal dentista se colpisce un dente?

Se i denti e le gengive del tuo bambino sembrano a posto e non sembra avere dolore, dovrebbe stare bene senza un controllo dentale. Se il dente è scheggiato o incrinato e il tuo bambino sembra soffrire, dovresti portarlo subito dal dentista, perché parte del nervo potrebbe essere esposto. Dovresti anche portare il tuo bambino dal dentista se il dente è molto allentato; potrebbe decidere di estrarlo in modo che il tuo bambino non soffochi se cade da solo. Chiedi anche al dentista di dare un’occhiata a un dente che sembra fuori posto: può valutare se ha bisogno di essere riposizionato. Se il dente è scheggiato ma non sembra dare fastidio al tuo bambino, fissa un appuntamento dal dentista per valutare se ci sono crepe sottostanti o altri danni che non puoi vedere. Può anche riparare il dente limandolo o rattoppandolo con materiale adesivo, se decidi che è importante per motivi estetici.

Fonte: mammemagazine.it

Il succo di limone: come agisce sui nostri denti?

Tutti vorremmo avere una dentatura bianca e impeccabile degna dello spot di un dentifricio. Ma non è così facile. Spesso infatti il colore dei nostri denti, e anche la loro salute, dipende dall’assunzione di cibi o bevande. Alcuni come il caffè o il vino rosso possono essere invasivi e annerire lo smalto dentale. Si consiglia infatti di sciacquare subito la bocca dopo aver assunto caffè per evitare che rimanga attaccato alla superficie dentale.

Ci sono però anche tanti altri alimenti che possono ledere alla salute dello smalto. Ad esempio le bevande zuccherate, le caramelle, le bibite come la birra, il succo di arancia. Tutto dipende dalla quantità del PH acido che queste sostanze contengono. Attenzione in particolare all’assunzione di questo famoso agrume che potrebbe essere aggressivo per i nostri denti.

Si chiama erosione acida e causa la corrosione dello smalto

Si tratta del limone e in particolare del suo succo. Il limone è un ottimo alleato per la nostra salute, ma l’alto contenuto di acido citrico che possiede è responsabile della cosiddetta erosione acida o dentale. Il limone rimane sulla superficie del dente anche pochi secondi e subito corrode lo smalto. Questo porta a scoprire la dentina che deve invece rimanere coperta sia dagli sbalzi termici che chimici. Le fibre restano quindi indifese rendendo il dente particolarmente sensibile. Per erosione, infatti, si intende una perdita progressiva dei tessuti duri del dente, quindi delle sue matrici minerali, a causa dell’azione di sostanze chimiche. Purtroppo questa situazione una volta aggravata è senza ritorno. Lo smalto una volta rovinato e consumato non si rigenera. Il dente perde luminosità e si annerisce. Se proprio non possiamo fare a meno di assumere il succo di limone la mattina diluito in acqua calda, dobbiamo tenere a mente un paio di dritte. Si sa che il succo di questo agrume favorisce il processo della digestione, ripulisce l’intestino e stimola il metabolismo. Ma il quantitativo di acido citrico da cui è costituito (ne può contenere fino al 3-4%) può essere veramente deleterio per lo smalto dentale.

L’azione esogena del succo di limone è capace di abbassare il PH del nostro cavo orale rendendolo acido. Il limone ha un PH di 2,4 ed è molto in alto tra i valori significativi per l’erosione dentale. Attenzione all’assunzione di questo famoso agrume che potrebbe essere aggressivo per i nostri denti A ogni modo, senza rinunciare al succo di limone, possiamo tenere a mente di assumerlo, e di non mantenerlo troppo a contatto con i denti. Bisogna fare piccoli sorsi oppure ancora meglio utilizzare una cannuccia. In questo modo il quantitativo di acido passa direttamente alla gola. Sciacquare subito la bocca con l’acqua, dopo averlo bevuto, e aspettare qualche minuto prima di lavare i denti. Magari facciamolo con uno spazzolino dalle setole morbide e senza essere troppo aggressivi. Assumere il succo di limone concentrato alza di tantissimo il rischio di corrodere lo smalto dentale. Preferite sempre il succo come condimento per le pietanze, magari al posto dell’aceto o dell’olio.

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