A volte l’insorgenza di carie è data da una scorretta alimentazione. Di seguito vediamo, nello specifico, ciò che è sano o deleterio per i nostri denti.
Si sa, la cura dei denti è molto importante ed una buona cura del cavo orale non è data solamente dal sistematico utilizzo di spazzolino, dentifricio e filo interdentale, ma anche da una buona educazione alimentare. Alcuni cibi infatti, in base alla consistenza e alla presenza di determinati macronutrienti, possono aumentare o diminuire il rischio di carie.
Naturalmente, un’attenta selezione degli alimenti non sostituisce l’uso di spazzolino e dentifricio due volte al giorno e un controllo periodico dal proprio dentista.
Per comodità distingueremo i cibi in:
- cariogeni (che predispongono all’insorgenza di carie)
- anti-cariogeni (che contrastano la formazione delle carie)
Gli alimenti cariogeni erodono lo smalto e favoriscono la crescita di batteri responsabili della carie e sono: ricchi di zuccheri semplici (ad esempio: zucchero, miele, fruttosio, frutta secca candita), molto acidi (come le bevande gassate e gli agrumi) oppure sono molto morbidi e appiccicosi (ad esempio il torrone), e quindi maggiormente dannosi per i denti.
Sono quindi consigliabili i cibi che richiedono una masticazione più impegnativa, caratteristica tipica degli alimenti anti-cariogeni. Alcuni esempi di alimenti che possono contrastare l’insorgenza di carie sono: frutta secca a guscio, frutta fresca non acida (ad esempio mele e pere, meglio se con la buccia), verdure crude e fibrose e latticini che riequilibrano il pH della cavità orale.
Un appunto a parte meritano le chewing-gum, a patto che siano prive di zucchero e contengano una buona dose di xilitolo. Esso infatti è in grado di sviluppare un’azione antibatterica all’interno del cavo orale e sono consigliate per rinfrescare saltuariamente l’alito. Ovviamente le cicche non sono da considerarsi come alternativa all’utilizzo di dentifricio e spazzolino!
Per qualsiasi chiarimento contatta il nostro studio dentistico, sapremo darti i consigli più giusti per te.
Tutti sanno che le mele fanno bene alla salute, come ci ripetono zie e nonne fin dall’infanzia. La scienza lo conferma, sottolineando come siano ricche di flavonoidi, potenti antiossidanti. Ma se fin dall’antichità questo frutto è tenuto in così alta considerazione è anche perché si tratta di una riserva di vitamine che, al contrario di quanto avviene per molte altre varietà di frutta e verdura, piace a chiunque (o quasi), bambini compresi. Il sapore dolce risulta ancora più accentuato quando le mele crescono in una zona assolata e con forti sbalzi termici,come accade in Alto Adige per le mele Marlene, tutelate dal marchio IGP, Indicazione Geografica Protetta. Forse però non tutti sanno che questo frutto ha molte altre possibili applicazioni, oltre a quella di ottimo spuntino.
«Masticare le mele, specie se si tratta delle varietà più croccanti, come ad esempio quelle verdi, vuol dire sviluppare un’azione meccanica simile a quella dello spazzolino, contrastando la formazione della placca. Per questo, specialmente in assenza di altri modi di pulirsi i denti, è una buona idea mangiarle a fine pasto», spiega il medico odontoiatra Nunzio Tagliavia. «Le mele inoltre contengono ferro e fluoro, ottimi per la salute dei denti. L’acido mallico ha proprietà antisettiche e disinfettanti, utili sia per le gengive che per lo smalto».
Il consiglio: L’unica raccomandazione è quella di non abusarne, specialmente se si è predisposti a sviluppare le carie. «L’acido mallico è pur sempre un acido, e come tale può danneggiare uno smalto particolarmente fragile». In questi casi vale il detto delle nonne: una mela al giorno è la scelta migliore. E poi, sciacquarsi la bocca con acqua e spazzolino.
Denti e sport, connubio perfetto. Le ricerche hanno dimostrato che le buone prestazioni in pista partono dalla bocca. Se le arcate dentarie coincidono perfettamente non si evitano solo i disturbi muscolari, ma i risultati sportivi crescono sensibilmente. Nel mondo delle gare motociclistiche è ormai d’uso comune tra gli atleti il bite, una placca in resina posta nel punto di contatto tra le mascelle che rende più stabile e meno fastidioso serrare i denti.
Quello universale migliora la forza massima del 2,4 % e diminuisce il lavoro dell’1,2%. Nel motociclismo il bite è in uso da tempo. Andando in moto le diverse sollecitazioni a cui è costretto l’atleta, posture scorrette comprese, portano a scaricare il peso della tensione sulle mandibole e a serrare i denti in maniera spesso pericolosa. Un fenomeno che viene chiamato bruxismo ed è capace di provocare diversi disturbi: affaticamento dei muscoli della mandibola e del collo, aumento della stanchezza, mal di testa e usura dei denti. Grazie al bite, invece, c’è un maggiore rilassamento delle fasce nervose e muscolari. Il bite non funziona solo sulle due ruote.
Una ricerca realizzata dall’Università Bicocca di Milano e dal centro Isokinetic condotta da Alessandro Beraldi, consulente del reparto di Posturologia Sportiva dell`Università Bicocca, ha analizzato i risultati su cinque atlete del Basket Carugate, squadra che milita nella serie A2 femminile. Tra schiacciate, muri e difese, le atlete con il bite miglioravano le proprie prestanzioni. Come per quelli utilizzati in odontoiatria, il bite per uso sportivo può essere modellato anche “su misura” in maniera da aderire perfettamente alla dentizione grazie ad uno speciale materiale termoplastico realizzato con due mescole, una più morbida ed una a diretto contatto con i denti.
Gengive arrossate, che si retraggono, che fanno male al tatto o che sanguinano, anche poco, quando le spazzoliamo o quando passiamo tra un dente e l’altro il filo interdentale: sono i sintomi della gengivite, l’infiammazione del tessuto che riveste il colletto dei denti e forma le arcate dentarie, la gengiva.
La causa più frequente all’origine di questo disturbo è la presenza di placca batterica sottogengivale che scatena la reazione del sistema immunitario, dando vita allo stato infiammatorio tipico della gengivite. Oltre alla placca batterica, altre sono le condizioni che possono causare questo disturbo: l’assunzione di determinati farmaci, malnutrizione, lesioni traumatiche, presenza di virus e funghi, predisposizione genetica. E ci sono poi alcuni fattori che possono favorire l’insorgenza di gengiviti: tra questi ricordiamo l’abitudine al fumo, la presenza di alcune malattie come cancro, il diabete, e Hiv e le variazioni ormonali (nella donna).
Sebbene, in caso di gengiviti iniziali o di lieve entità, i sintomi possano essere leggeri e pressoché trascurabili, è bene non sottovalutarli e farsi visitare da un dentista di fiducia che indicherà la strada migliore da seguire per risolvere la condizione: in questo modo si eviterà che il processo infiammatorio a carico della gengive si aggravi. Se trattata, infatti, la maggior parte delle volte la gengivite regredisce senza lasciare problemi; se, al contrario, non viene curata, può evolvere in affezioni più gravi come gengiviti ricorrenti, ascessi e parodontiti (processi infiammatori più profondi che possono arrivare a provocare la perdita dei denti).
Sono cinque le attività di prevenzione quotidiana che ciascuno di noi può svolgere per ridurre al minimo il rischio di gengiviti: lavare i denti dopo ogni pasto; utilizzare un dentifricio specifico; utilizzare il collutorio in abbinamento alla quotidiana igiene orale; eseguire quotidianamente il controllo del bordo gengivale per individuare precocemente segnali di allarme come gonfiore o sanguinamento a carico delle gengive, al fine di intervenire al più presto per ristabilire il benessere di gengive e bocca; effettuare periodiche visite dal dentista per valutare la salute del cavo orale.
La nostra struttura dentale avrebbe avuto origine nei primi pesci con mascella i quali sono sorti, evoluzionisticamente parlando, 400 milioni delle fa. È questo l’interessante risultato di un team internazionale di ricercatori che hanno “dissezionato” digitalmente i fossili più primitivi mai individuati di pesci a mascella per analizzarne i denti.
In particolare hanno analizzato un fossile trovato nei pressi di Praga poco più di 100 anni fa e sono giunti alla conclusione che siamo discendenti di questi pesci così come altre sessantamila specie viventi di vertebrati mascellari, tra cui varie altre specie di pesci, mammiferi, anfibi, rettili e uccelli.
I ricercatori, utilizzando il sincrotone europeo in Francia, la fonte di raggi X più brillante mai costruita, hanno eseguito analisi con una tecnica mai utilizzata prima con la quale sono riusciti “sbirciare” all’interno dei fossili in 3D senza danneggiarli e senza staccare le ossa fossilizzate dalle rocce che le racchiudono.
Il pesce che hanno analizzato faceva parte degli acantotoraci (Acanthothoraci), vissuti durante il devoniano inferiore (tra 395 e 380 milioni di anni fa).
Si tratta di pesci per i quali abbiamo pochissimi i fossili e quei pochi che abbiamo sono molto delicati e vengono soprattutto da un’area che appartiene oggi alla Repubblica Ceca, un’area fatta di rocce che hanno poco più di 400 milioni di anni, proprio il periodo giusto in cui sono vissuti questi pesci.
Gli scienziati hanno conseguito risultati “davvero notevoli” nell’analizzare la dentatura di questi fossili riuscendo ad individuare e scansionare addirittura gli spazi cellulari, tra l’altro perfettamente conservati, che si trovavano all’interno della dentina dei denti di questi pesci.
“Questi risultati cambiano tutta la nostra comprensione dell’origine dei denti”, spiega Per Ahlberg, professore dell’Università di Uppsala e uno degli autori dello studio il quale aggiunge: “Quando sorridi allo specchio del bagno la mattina, i denti che ti sorridono possono risalire le loro origini fino ai primi vertebrati mascellati”, ossia pesci vissuti più di 400 milioni di anni fa che per qualche ragione evolutiva hanno sviluppato denti e mascelle come i nostri.
Fonte: notiziescientifiche.it