Un dolore ai denti durante un’immersione subacquea ha portato Vinisha Ranna, studentessa universitaria alla Buffalo school of dental medicine di New York, a riflettere sul legame tra attività subacquea e salute dei denti.
«Lo studio appena condotto ha dimostrato che un’associazione esiste, anche se non è possibile parlare di un legame causa-effetto tra immersione e problemi dentali» afferma la ricercatrice che ha pubblicato i risultati dell’analisi sulla rivista British Dental Journal. «Chi vuole fare immersioni deve sottoporsi a uno screening per verificare le condizioni di salute generale, ma nel check up non è incluso alcun controllo dentistico» continua Ranna che assieme ai colleghi ha coinvolto nello studio un centinaio di sub amatoriali chiedendo loro se avessero mai sperimentato dolore o problemi ai denti durante o dopo l’immersione. In particolare, il 42 per cento dei partecipanti è andato incontro a quella che in termini tecnici viene definita barodontalgia, ovvero un dolore ai denti legato ai cambiamenti di pressione.
«Circa un quarto dei sub coinvolti nella ricerca ha avuto dolore ai denti legato all’erogatore dell’aria che deve essere tenuto in bocca durante le immersioni e il 22 per cento ha invece avuto dolore alla mandibola» continuano gli autori che poi aggiungono: «Nel 5 per cento dei partecipanti si sono verificati problemi con le corone presenti e in un caso con un’otturazione».
Come ricordano gli esperti, dal momento che l’erogatore dell’aria deve essere tenuto in bocca durante tutta la durata dell’immersione, qualunque problema di tipo odontoiatrico può potenzialmente aumentare il rischio di danni alla salute orale dei sub. «I disturbi di denti, gengive e mandibola sono più evidenti sott’acqua che in superficie e per questo è importante passare dal dentista prima di dedicarsi alle immersioni subacquee, o subito dopo, se tali disturbi si sono manifestati» conclude Ranna.
Definizione
Le afte sono piccole lesioni edematose della mucosa orale, di forma tondeggiante e del diametro di pochi millimetri. Possono comparire come lesioni singole o a gruppi
Cause
Non sono note cause specifiche, nei bambini molto piccoli compaiono durante il periodo della dentizione oppure in concomitanza di malattie infettive. Solitamente si manifestano in relazione a malattie gastrointestinali, in presenza di stress o per deficit di vitamine. Quasi sempre regrediscono spontaneamente entro 10 giorni ma possono aversi delle recidive.
Sintomi
Inizialmente si presentano come una piccola macchia rossa all’interno della bocca che si trasforma in una vescicola rivestita da una sottile membrana bianca. Quando la vescicola si rompe si crea la piccola ulcera che tende a infettarsi e a infiammarsi. Le afte possono essere molto dolorose e irritarsi facilmente durante la masticazione o se si consumano alimenti acidi
Diagnosi
L’esame diretto del medico della mucosa orale accerta la presenza di afte.
Cure
Non esistono terapie specifiche per guarire le afte, ma si può intervenire per ridurre il dolore con antinfiammatori, antidolorifici, sciacqui con soluzioni contenenti anestetici locali oppure creme e gel a base di corticosteroidi. Gli sciacqui con soluzioni al perossido di ossigeno o antibiotici possono evitare infezioni e complicanze. Colluttori a base di antibiotici possono essere prescritti dal medico o dal dentista a chi soffre di afte ricorrenti ed essere utilizzati al primo comparire dei sintomi. Anche una miscela di acqua e bicarbonato di sodio riduce l’acidità della bocca e favorisce la guarigione delle lesioni infiammate.
Cure complementari
Si possono fare sciacqui con succo di Aloe vera oppure impacchi con una bustina di te nero inumidita, per alleviare il dolore, diminuire l’infiammazione e lenire le ulcere. Compresse di propoli sono anche indicate per prevenire le infezioni e accelerare la guarigione delle lesioni
Alimentazione
Cibi irritanti, come agrumi, zucchero, cioccolata e caffè, o molto caldi possono peggiorare le afte e provocare dolore. Il cibo deve essere abbastanza tenero da non richiedere troppa masticazione e se lingua o labbra sono particolarmente sensibili si può usare una cannuccia per assumere alimenti liquidi. Sciogliere cubetti di ghiaccio in bocca può essere di sollievo per il dolore.
Studio Bergamaschi Gilardoni – Dentista a Treviglio, in provincia di Bergamo
Secondo l’Accademia Italiana di Odontoiatria Conservativa e Restaurativa (AIC), le alte temperature e la prolungata esposizione al sole aumentano la proliferazione batterica
La salute dei denti, nella stagione più calda dell’anno, è messa in pericolo da svariati fattori. Il caldo e il cambiamento delle abitudini alimentari, durante l’estate, sembrano essere delle vere e proprie minacce per la salvaguardia della nostra dentatura. A confermarlo è l’Accademia Italiana di Odontoiatria Conservativa e Restaurativa (AIC).
Mal di denti
Lorenzo Breschi, presidente di AIC, ha rivelato che le alte temperature e la prolungata esposizione al calore solare sembrerebbero portare, non solo a un incremento della proliferazione batterica, ma anche alla comparsa di infiammazioni. Per questo motivo, in estate, potrebbe essere maggiore la probabilità di avere gengive doloranti o di soffrire di mal di denti. Durante le vacanze, spesso e volentieri, ci si dedica inoltre ad attività, quali la mountain bike o la pallavolo, che potrebbero aumentare la possibilità di subire traumi alla dentatura. Al mare, per di più, è molto più difficile tenere sotto controllo l’alimentazione. Per questo sembra essere maggiore, in estate, il consumo di cibi poco salutari e gravemente dannosi per lo smalto dentale: come spuntini, aperitivi, bibite con gas, brioche e bevande alcoliche.
Utili consigli dell’AIC
“Può capitare, in vacanza, di dimenticarsi di lavare i denti correttamente perché si è spesso fuori casa, ma l’igiene non ammette pause”, spiega Breschi, presidente dell’Accademia Italiana di Odontoiatria Conservativa e Restaurativa. Per questo motivo, in viaggio, è opportuno non sottovalutare l’importanza della salute della bocca e della cura dentale. È consigliabile, a detta dell’AIC, portare sempre con sé spazzolino, dentifricio e filo interdentale, preferibilmente riposti in un luogo fresco e asciutto. È opportuno, inoltre, attendere una trentina di minuti, dopo l’assunzione di soft drink, prima di procedere con la pulizia dei denti. È infatti necessario attendere che la saliva riesca a tamponare l’ambiente acido, creato dall’eccessiva presenza di zuccheri, prima di lavarsi i denti. Lorenzo Breschi, presidente dell’associazione, consiglia inoltre di limitare il consumo di alimenti zuccherati, in quanto questi ultimi rappresentano il nutrimento per eccellenza dei batteri.
Fonte: tg24.sky.it
Studio Bergamaschi Gilardoni – Dentista a Treviglio, in provincia di Bergamo
La saliva dei diabetici potrebbe essere diversa da quella di persone sane ed esporli a maggior rischio di carie e di altre malattie del cavo orale.
Infatti uno studio condotto presso la Queen Mary University di Londra, che è stato presentato al meeting della International Association for Dental Research, mostra che molti pazienti diabetici soffrono di bocca secca e che a ciò si associa una saliva meno densa e povera di proteine protettive e di calcio.
Questa saliva di qualità compromessa espone i diabetici a maggior rischio di problemi di salute orale.
In questo studio, su una piccola casistica di pazienti diabetici e persone sane di controllo, è stata analizzata la composizione della saliva di ciascun volontario.
È emerso che nei pazienti diabetici con bocca secca la saliva è meno densa e quindi meno protettiva per la superficie dei denti che risultano quindi più esposti al rischio di erosione e di carie. Inoltre la saliva dei diabetici con bocca secca è anche carente di una molecola protettiva – la proteina MUC7 – e di calcio e questo contribuisce a creare un ambiente più acido nel cavo orale e quindi più a rischio per carie ed erosione dentale. Lo studio getta le basi per mettere a punto esami di screening preventivo non invasivi basati sull’analisi della saliva per la diagnosi precoce di carie o per la valutazione del rischio individuale di problemi dentali nei diabetici e non solo.
Il paziente diabetico è soggetto ad una serie di complicanze sistemiche che colpiscono organi sensibili come l’occhio, i reni, il sistema cardiocircolatorio e il sistema nervoso. La sesta complicanza del diabete è la parodontite che colpisce circa il 50% della popolazione, ricorda Luca Landi, presidente eletto della Società Italiana di Paeodontologia e Implantologia (SIdP). “Nel diabete, in particolare nel paziente diabetico anziano – afferma – è già nota una ridotta funzionalità delle ghiandole salivari con conseguente riduzione del flusso salivare, legata all’effetto della compromissione del microcircolo tipica del diabetico, all’effetto relativo all’invecchiamento dei tessuti ghiandolari e anche agli effetti collaterali dei farmaci che questi pazienti spesso prendono (ad esempio gli anti-ipertensivi)”. “La prevalenza di riduzione del flusso salivare nei diabetici varia tra il 12 e il 53% – sottolinea l’esperto SIdP – ben più alta rispetto a quanto si rileva nei coetanei sani (0-30%) secondo uno studio pubblicato sul Journal of Diabetes Research”. “Nello studio è interessante che sia stata rinvenuta la carenza di un marcatore proteico (MUC7) e del calcio, come marcatori di acidità salivare (fattore di rischio per carie e demineralizzazione)”. Il paziente diabetico che ha una riduzione del flusso salivare ha quindi sicuramente un maggior rischio di carie e parodontite con un impatto potenziale su qualità e aspettativa di vita.
“Al momento, però – conclude Landi – è ancora solo futuribile l’idea di utilizzare la saliva per un test predittivo. Sarà comunque sempre più importante in futuro valutare il paziente diabetico anche per la riduzione del flusso salivare”.
Studio Bergamaschi Gilardoni – Dentista a Treviglio, in provincia di Bergamo
Per evitare la comparsa dei disturbi gengivali, è importante curare la propria igiene orale partendo da queste semplici azioni.
Pulire i denti almeno due volte al giorno e per non meno di un paio di minuti, usando eventualmente un dentifricio specifico per i disturbi gengivali. Lo spazzolamento dovrebbe essere eseguito 20-30 minuti dopo aver mangiato, per permettere alla saliva di neutralizzare l’acidità di alcuni alimenti.
Utilizzare uno spazzolino dotato di testina piccola e setole con punta arrotondata e morbide (contrariamente a quello che si crede, quelle dure non sono sinonimo di migliore detersione e rimozione della placca). Per la salute del cavo orale è importante eseguire un movimento di rotazione che parta dalla gengiva per dirigersi verso il bordo incisale dei denti. Durante l’operazione è altresì importante fare attenzione a non applicare una pressione eccessiva. Premere troppo lo spazzolino non significa, infatti, pulire meglio i denti, ma essere aggressivi e lesivi nei confronti delle gengive.
Usare il filo o lo spazzolino interdentale per rimuovere la placca dalle aree difficili da raggiungere. Il filo va introdotto delicatamente nello spazio interdentale, attraverso l’area di contatto di denti adiacenti con movimenti di ‘vai e vieni’. Una volta inserito, deve avvolgere lateralmente il dente aderendo a una singola superficie dentale (come se si disegnasse una C) e mosso lungo tutta la corona fino al colletto del dente, senza però provocare sanguinamento, fastidio o dolore. In caso di scarsa manualità, spazi accessibili, esposizioni radicolari, forcazioni, apparecchi ortodontici e impianti eÌ particolarmente utile lo spazzolino interdentale, uno strumento dotato di scovolini di forma conica o cilindrica, con setole disposte a spirale attorno a un’anima centrale. La dimensione più adatta andrebbe scelta in base agli spazi presenti. Lo scovolino va inserito nello spazio interdentale con una leggera inclinazione: dal basso verso l’alto per l’arcata inferiore e dall’alto verso il basso per quella superiore, mantenendolo ben aderente alla superficie interdentale da detergere, ed effettuando movimenti orizzontali di ‘vai e vieni’.
Usare un collutorio che sia in grado di offrire una protezione specifica per le gengive.
Prendere appuntamento regolarmente con il dentista per verificare l’effettiva condizione di igiene del proprio cavo orale e per poter individuare eventuali problemi alle gengive prima che se ne manifestino i sintomi.
Sottoporsi a una seduta di igiene orale almeno ogni sei mesi, affidandosi alla competenza di un igienista dentale.
Claudio Buono
Hai perso un dente? Presto il tuo dentista potrebbe stamparne un altro in 3D. Perfettamente identico al primo, ma in grado di uccidere il 99% dei batteri che causano le carie.
Un sorriso a prova di specchio e di carie. È quello che promette la chimica unita alla stampa in 3D di denti e protesi dentali, che sta diventando sempre più una realtà grazie alla scansione digitale del cavo orale e a innovativi materiali sempre più performanti e sicuri. È a questo scenario che sta lavorando Andreas Herrmann dell’Università di Groningen (Olanda) che insieme ad altri colleghi ha sviluppato un materiale plastico antimicrobico che può essere stampato in 3D. Lo studio ha integrato sali quaternari di ammonio, altamente efficace contro una grande varietà di microrganismi, germi e batteri, in una resina di polimeri. Questo “mix” è stato usato con resine dentali già esistenti per creare, grazie a una stampa in 3D, denti di ricambio resistenti all’attacco di questi nemici del sorriso. «Il materiale – ha spiegato a New Scientist Herrmann, autore della ricerca – può uccidere i batteri al solo contatto e non è dannoso per l’organismo». Per provare le proprietà anti-microbiche di questa nuova generazione di denti sintetici, i ricercatori hanno rivestito i campioni di un materiale organico formato da saliva e Streptococcus mutans, il batterio che causa la carie. Ebbene, il materiale ha ucciso oltre il 99% dei batteri, rispetto a meno di 1% di un campione di controllo privo dei sali di ammonio. «Per passare ad una fase successiva dobbiamo ancora lavorare su altri test e sulla compatibilità con i dentifrici», ha concluso Herrmann.
Dopo tutto se l’hanno fatto una volta, perché non dovrebbero farlo una seconda?
I denti non ricrescono perché una volta che spuntano quelli definitivi non ci sono più le gemme dentarie, le strutture che potrebbero farli ricrescere e che sono invece ancora presenti quando cadono i denti da latte. La gemma dentaria è un precursore, presente all’interno dell’osso alveolare, che contiene le cellule formatrici dello smalto (adamantoblasti), la papilla dentaria (che si trasforma in polpa dentale) e le cellule responsabili della formazione della dentina (odontoblasti). L’uomo è difiodonte, cioè vede crescere due sole dentizioni: la prima è composta da venti denti da latte, o decidui, che spuntano in genere dai sei mesi ai due anni e mezzo di età; la seconda è costituita dai denti definitivi, che subentrano ai primi erodendone le radici e portandoli alla caduta.
La dentizione definitiva si completa attorno ai venti anni, con la crescita dei denti del giudizio.
Gengive arrossate, dolenti, anche sanguinanti: sono i sintomi della parodontite, infiammazione che riguarda 20 milioni di over 35 e che, trascurata, danneggia salute e integrità della bocca.
Per difendersi da questa patologia sottovalutata (solo un italiano su tre la conosce), la Società di parodontologia ha divulgato le linee guida “salva-denti”. Che mettono, al primo posto, una buona igiene orale, necessaria per eliminare la placca batterica: vale per tutti, ma ancor di più per chi ha già i primi segnali della malattia.
«In questi casi, meglio lavarsi i denti almeno due volte al giorno per quattro o cinque minuti anziché per i due canonici; sì allo spazzolino elettrico, più efficace del manuale, e ai collutori antiplacca consigliati dal dentista; sì a uno scovolino adatto ai propri spazi interdentali, al posto del filo» raccomanda Maurizio Tonetti, presidente Sidp. «Indispensabili poi lapulizia dei denti dallo specialista due volte l’anno, associata a un controllo e a un test che valuta in pochi minuti, grazie a una sonda speciale, lo stato delle gengive».
Ogni anno spendiamo un miliardo di euro per le conseguenze della parodontite. «Seguendo le nostre linee, il 90 per cento si potrebbe risparmiare».
Chi vive a stretto contatto con i prodotti del tabacco corre un rischio talvolta triplo di perdere i denti e compromettere il proprio sorriso.
I denti dei fumatori si riconoscono a prima vista, per il loro colore ingiallito. Non è soltanto una questione cromatica, però. Chi fuma convive con un rischio più alto (da 2,5 a 3,6 volte) di perdere i propri denti rispetto a chi si tiene a distanza dalle sigarette. È quanto conferma uno studio pubblicato sul Journal of Dental Research, condotto da ricercatori dell’Università di Birmingham e dell’Istituto tedesco di nutrizione umana di Potsdam. Arruolando oltre ventitremila persone (coinvolte nello studio Epic), gli autori puntavano a indagare l’associazione tra il fumo di sigaretta e la prevalenza della perdita dei denti. Ne è venuta fuori una correlazione più stretta tra gli uomini che tra le donne, tra i forti fumatori: ovvero chi accende più di quindici sigarette al giorno. L’effetto s’è dunque rivelato dipendente dalla dose e più marcato tra i giovani. «Tra i ragazzi che fumano è più facile che si sviluppi una forma di parodontite aggressiva che conduce più velocemente, rispetto alla parodontite cronica della maturità, alla perdita di elementi dentali», commenta Luigi Paglia, direttore del dipartimento di odontoiatria materno-infantile dell’Istituto Stomatologico Italiano di Milano e membro del comitato scientifico del progetto No Smoking Be Happy della Fondazione Veronesi, che fino al 16 ottobre sarà presente all’Istituto Humanitas di Milano con la mostra che punta a far conoscere a tutti, giovani e non, i danni provocati dal fumo.
La causa, a prescindere dall’età, è da ricercare nella cronicizzazione della parodontite, un’infiammazione che determina il distacco dei denti rispetto all’alveolo, la tasca che li contiene. Il fumo ne è un fattore rischio – la nicotina assorbita fumando una sigaretta produce un effetto di vasocostrizione periferica, da cui il ridotto afflusso di sangue e ossigeno ai tessuti che si trovano attorno al dente – e maschera quello che è il segno che contraddistingue la malattia: il sanguinamento delle gengive. Con il risultato che queste appaiono più sane di quanto non lo siano realmente. C’è però anche una buona notizia: chi smette di fumare vede tornare questo rischio sullo stesso livello del resto della popolazione, anche se questa transizione ha una durata che può arrivare a dieci anni e varia in base alla quantità di sigarette fumate nel corso della vita.
La perdita dei denti rimane un problema di salute pubblica non trascurabile anche in Italia, dove fuma il 21% della popolazione: ovvero 10,9 milioni di persone. «Nei fumatori il rischio di parodontite grave è tre volte maggiore rispetto ai non fumatori», afferma Paglia. Di conseguenza più alto è anche il rischio di perdere troppo in fretta la propria dentatura. «Le malattie parodontali riguardano circa l’80% degli italiani over 55 e assieme alle carie rappresentano invece il primo bersaglio in una ottica di prevenzione. I principali fattori di rischio sono la scarsa igiene orale, il consumo di tabacco, il consumo eccessivo di alcol, il diabete mellito e lo stress. Tutti aspetti su cui è possibile intervenire modificando lo stile di vita», conclude Paglia. Ma non solo. Il fumo sembra danneggiare anche le terapie odontoiatriche. Le percentuali di fallimento dell’impianto nei fumatori viaggiano attorno all’11,3%, contro il 4,8% dei non fumatori.
fonte: Fabio Di Todaro – Fondazione Umberto Veronesi
Garantire la salute di denti e gengive in modo non artificioso, semplicemente potenziandone le capacità di autodifesa. Oggi è possibile, grazie a bio-dentifrici ispirati alla saliva, da cui prendono in prestito enzimi e proteine speciali in grado di “controllare” i batteri, mantenendo in equilibrio costante la microflora della bocca.
«Contengono lattoperossidasi, lisozima, lattoferrina, colostro: tutte sostanze naturali e protettive che ostacolano la proliferazione batterica» spiega Giancarlo Barraco, docente di odontoiatria all’Università di Perugia. «Fra gli ingredienti, inoltre, non compare il laurilsolfato di sodio (Sls), sostituito da un agente schiumogeno più delicato, che rispetta i tessuti».
Il risultato è un prodotto, come Zendium, che non altera la percezione del gusto dopo l’uso dello spazzolino, come avviene di solito con le paste al fluoro e Sls, che in grado di aumentare del 60 per cento la “forza” con cui si combattono carie, sensibilità gengivale e dentale. «In tre mesi i dentifrici alla lattoperossida si migliorano lo stato delle gengive rispetto a quelli tradizionali, sono adatti a tutti, in particolare a chi ha mucose orali sensibili o è soggetto ad afte».