odontoiatra a treviglio

Il succo di limone: come agisce sui nostri denti?

Tutti vorremmo avere una dentatura bianca e impeccabile degna dello spot di un dentifricio. Ma non è così facile. Spesso infatti il colore dei nostri denti, e anche la loro salute, dipende dall’assunzione di cibi o bevande. Alcuni come il caffè o il vino rosso possono essere invasivi e annerire lo smalto dentale. Si consiglia infatti di sciacquare subito la bocca dopo aver assunto caffè per evitare che rimanga attaccato alla superficie dentale.

Ci sono però anche tanti altri alimenti che possono ledere alla salute dello smalto. Ad esempio le bevande zuccherate, le caramelle, le bibite come la birra, il succo di arancia. Tutto dipende dalla quantità del PH acido che queste sostanze contengono. Attenzione in particolare all’assunzione di questo famoso agrume che potrebbe essere aggressivo per i nostri denti.

Si chiama erosione acida e causa la corrosione dello smalto

Si tratta del limone e in particolare del suo succo. Il limone è un ottimo alleato per la nostra salute, ma l’alto contenuto di acido citrico che possiede è responsabile della cosiddetta erosione acida o dentale. Il limone rimane sulla superficie del dente anche pochi secondi e subito corrode lo smalto. Questo porta a scoprire la dentina che deve invece rimanere coperta sia dagli sbalzi termici che chimici. Le fibre restano quindi indifese rendendo il dente particolarmente sensibile. Per erosione, infatti, si intende una perdita progressiva dei tessuti duri del dente, quindi delle sue matrici minerali, a causa dell’azione di sostanze chimiche. Purtroppo questa situazione una volta aggravata è senza ritorno. Lo smalto una volta rovinato e consumato non si rigenera. Il dente perde luminosità e si annerisce. Se proprio non possiamo fare a meno di assumere il succo di limone la mattina diluito in acqua calda, dobbiamo tenere a mente un paio di dritte. Si sa che il succo di questo agrume favorisce il processo della digestione, ripulisce l’intestino e stimola il metabolismo. Ma il quantitativo di acido citrico da cui è costituito (ne può contenere fino al 3-4%) può essere veramente deleterio per lo smalto dentale.

L’azione esogena del succo di limone è capace di abbassare il PH del nostro cavo orale rendendolo acido. Il limone ha un PH di 2,4 ed è molto in alto tra i valori significativi per l’erosione dentale. Attenzione all’assunzione di questo famoso agrume che potrebbe essere aggressivo per i nostri denti A ogni modo, senza rinunciare al succo di limone, possiamo tenere a mente di assumerlo, e di non mantenerlo troppo a contatto con i denti. Bisogna fare piccoli sorsi oppure ancora meglio utilizzare una cannuccia. In questo modo il quantitativo di acido passa direttamente alla gola. Sciacquare subito la bocca con l’acqua, dopo averlo bevuto, e aspettare qualche minuto prima di lavare i denti. Magari facciamolo con uno spazzolino dalle setole morbide e senza essere troppo aggressivi. Assumere il succo di limone concentrato alza di tantissimo il rischio di corrodere lo smalto dentale. Preferite sempre il succo come condimento per le pietanze, magari al posto dell’aceto o dell’olio.

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11 cose che (forse) non sai sull’alito cattivo

UN PROBLEMA ANTICO. Potete anche proclamare le verità più sacrosante, ma se siete affetti da alito cattivo (alitosi è il termine scientifico) non otterrete mai la dovuta credibilità (o un posto al colloquio di lavoro). E lo stesso vale se il vostro fisico, charme e simpatia sono una calamita per eventuali partner: l’alitosi è in grado di vanificare ogni tentativo di corteggiamento. La lotta quotidiana contro l’alito cattivo, a quanto pare, era ben nota anche agli antichi. Non a caso 5.000 anni fa i babilonesi provavano già a spazzolare via dalla bocca odori indesiderati con dei ramoscelli, mentre gli egizi inventarono le prime mentine 3.000 anni fa.

CAUSA DI DIVORZIO TRA GLI EBREI. Questo problema non era affatto considerato minore: nella Torah veniva condannata come una seria disabilità, al punto che poteva essere ragione di divorzio.

IL FIATO CATTIVO PUÒ ANCHE CAMBIARE IL CORSO DELLA STORIA. Shāh-Nāmeh (letteralmente «Il Libro dei Re») è una vasta opera poetica scritta dal poeta persiano Ferdowsi, risalente al X secolo, che racconta il passato mitico e storico della Persia. Nel libro si narra della giovane sposa Nahid che viene ripudiata e rispedita in Macedonia dal suo neo-marito, il re persiano Darab, per via del suo alito. La giovane nel frattempo però era rimasta incinta e una volta tornata a casa partorisce un figlio, che verrà chiamato Iskander, e che diventerà il più famoso macedone di tutti i tempi: Alessandro il Grande.

QUAL È LA CAUSA? Un italiano su 4 ha l’alito cattivo abitualmente. Nella maggior parte dei casi i colpevoli sono dei batteri invisibili che se la spassano sulla nostra lingua e le nostre gengive, e che dopo aver banchettato con parti minuscole di cibo, gocce di liquido nasale o tessuti del cavo orale emettono gas, specialmente solfati, mal tollerati dalla maggior parte dei nasi.
Sono pochi gli odori che hanno origine nello stomaco e non hanno niente a vedere col cavo orale. Molto comune, invece, è l’alitosi da parodontopatie, cioè da infiammazioni e infezioni del parodonto, il tessuto di sostegno dei denti, che provocano il sanguinamento delle gengive. Secondo alcune ricerche, a soffrirne in maniera lieve o avanzata sarebbe addirittura il 62% degli italiani.

PERCHÉ L’AGLIO FA PUZZARE L’ALITO? Tutta colpa dell’allicina, molecola instabile responsabile del caratteristico odore dell’aglio. Questa si trasforma rapidamente in composti solfurei, che “regalano” all’alito il suo tono pungente. Il corpo metabolizza la maggior parte di queste molecole nel giro di poche ore, a eccezione del solfuro di metil-allile, che può rimanere in circolo anche fino a due giorni e una volta giunto ai polmoni ripresentarsi nel respiro (è anche responsabile dell’odore agliaceo di sudore e urina).
Lavarsi i denti può mascherare il forte odore dell’aglio, e anche alcuni cibi (kiwi, spinaci, prezzemolo, basilico, latte, funghi e riso) possono essere dei buoni alleati contro l’alito cattivo, degradando o intrappolando i composti solfurei.

4 CIBI (E UN NEMICO) CHE CAUSANO L’ALITO CATTIVO. Aglio e cipolla non sono i soli a favorire l’alito cattivo. C’è anche il caffè, per esempio: la caffeina rallenta la produzione della saliva, che ha il compito principale di lavare via i batteri e tenere la bocca pulita; lo stesso meccanismo vale per il vino. Gli aminoacidi contenuti nel formaggio favoriscono la formazione di composti solforati volatili molto pestiferi; lo stesso meccanismo vale per le carni rosse. Infine il fumo: favorisce l’alito cattivo (oltre a creare guai ancora peggiori).

DENTI E PAVIMENTI PULITI. Se il fiato pesante era considerato un flagello già nell’antichità, bisogna aspettare la fine del XIX secolo affinché venga riconosciuto come diagnosi medica. Solo allora il termine alitosi inizia a diventare comune, grazie anche agli sforzi non di certo disinteressati di un’azienda chiamata Listerine. Fino agli inizi del ‘900 Listerine produceva un antisettico multiuso, venduto anche come disinfettante chirurgico o lava pavimenti. Ma Gerard Barnes Lambert, uno degli eredi dell’impresa, spinse negli anni ’20 per campagne pubblicitarie incentrate sull’uso di Listerine come collutorio. L’alitosi veniva dipinta come una disgustosa condizione medica capace di compromettere la vita sentimentale o gli affari. La nostra moderna fobia verso l’alito cattivo, e la paura di non essere accettati a causa di questo disturbo, ha origine proprio in quegli anni.

COME CAPIRE SE SIAMO “TOSSICI”? Conoscendo le cause dell’alitosi, gli scienziati hanno escogitato modi per combatterli. O prevenirli: dato che nessuno può percepire la qualità del proprio fiato ma una persona su 5 soffre spesso di alitosi, Mel Rosenberg, medico e fondatore della Società internazionale per le ricerche sull’alito cattivo, ha creato un test, “Ok to kiss” (“baciabile”), che permette di valutare il proprio alito, misurando il beta-galattosidasi. Si sputa in un cucchiaio trattato chimicamente: se diventa blu, meglio rinunciare ai baci.

RIMEDI NATURALI. Per combattere l’alito cattivo Plinio il Vecchio (23-79) suggeriva cenere di testa di lepre o i denti di asina, latte d’asina, polvere di corna di cervo e pietra pomice. Oggi ricorriamo a caramelle al mentolo o a chewing-gum che hanno però controindicazioni, effetto limitato e con lo zucchero possono, sopo un primo sollievo, peggiorare la situazione.
L’alternativa naturale ad essi è rappresentata dai chiodi di garofano, da masticare al momento del bisogno. Come detto, poi, anche alcuni cibi (kiwi, spinaci, prezzemolo, basilico, latte, funghi e riso) possono essere dei buoni alleati contro l’alito cattivo, degradando o intrappolando i composti solfurei.

VITTORIA DI PIRRO. Tra spazzolino, collutorio e filo interdentale, le armi a nostra disposizione ci permettono finora solo vittorie momentanee. Ma un atteggiamento più aggressivo non porterebbe da nessuna parte: la guerra di sterminio toglierebbe di mezzo anche le comunità batteriche che contribuiscono positivamente all’ecosistema della bocca. Meglio un approccio più integrato, magari impiantando nel cavo orale precise comunità batteriche, affinché tengano sotto controllo la proliferazione di quelle più problematiche, senza eliminarle del tutto.

HITLER E L’ALITO CATTIVO. Hitler aveva una vera passione per il cioccolato, la panna e i dolci in generale. Il che gli provocò numerosi problemi ai denti. Il dittatore nazista però aveva il terrore del dentista e non si faceva curare. Così, i denti guasti alla lunga provocarono a Hitler una perenne alitosi.

Le regole di pulizia le detta il dentifricio

Almeno due minuti, per almeno due volte al giorno. E  con lo spazzolino elettrico, soprattutto se si accusano problemi alle gengive. Per essere certi di spazzolare a sufficienza? Si possono usare “paste” che si colorano quando si tocca il giusto limite di tempo.

Il minimo sindacale sono due minuti, due volte al giorno. Spazzolarsi i denti dopo aver mangiato è il modo migliore per eliminare la placca e scongiurare carie e gengiviti, ma pochi ci mettono il tempo necessario: la maggioranza usa lo spazzolino per 45 secondi appena, pur ritenendo di farlo a lungo quanto basta. Invece, dopo un minuto si rimuove solo il 27 per cento della placca, dopo due si arriva al 41. Una durata inferiore ai due minuti, inoltre, non permette di agire al fluoruro contenuto nei dentifrici.
«Una pulizia dei denti accurata è la base della prevenzione e deve essere ancora più attenta in chi ha già le gengive un po’ infiammate, ovvero ben 20 milioni di over 35: in questo caso, occorre lavare i denti quattro-cinque minuti anziché i due standard, meglio se con lo spazzolino elettrico anziché quello manuale; per chi soffre di gengiviti, sì anche agli scovolini interdentali al posto del classico filo e, su prescrizione del dentista, al collutorio antiplacca» dice Claudio Gatti, presidente della Società di Parodontologia e Implantologia.
Per arrivare almeno a due minuti, oggi sono disponibili anche dentifrici che cambiano colore quando si tocca questo limite di tempo; essenziale, poi, non sottovalutare i sintomi di un’infiammazione come gengive dolenti, arrossate, che sanguinano o lasciano un poco scoperti uno o più denti.
«La gengivite non curata si trasforma spesso in parodontite che, nella sua forma grave, colpisce oltre tre milioni di italiani ed è la prima causa di perdita dei denti. In Italia ogni anno si spende un miliardo di euro per la patologia e le sue conseguenze, soprattutto per rimpiazzare i denti persi: il 90 per cento dei costi potrebbe però essere risparmiato con una diagnosi precoce, trattamenti tempestivi e soprattutto una prevenzione adeguata», conclude l’esperto.

Ipersensibilità dentinale

L’ipersensibilità dentinale è una condizione caratterizzata da un dolore acuto, intenso ed istantaneo determinato da alcuni stimoli (es. il freddo), che in situazioni normali non provocherebbero alcun fastidio.

 L’ipersensibilità dentinale è causata dall’esposizione all’ambiente esterno della dentina, che è la struttura del dente presente tra la polpa (parte interna) e lo smalto o il cemento (gli strati del dente più esterni a livello della corona e della radice). In tale condizione la dentina trasmette alla polpa gli stimoli fisici e chimici (ad esempio l’assunzione di bevande o cibi freddi, caldi o acidi, la masticazione, lo spazzolamento o anche la terapia parodontale): quest’ultima reagisce provocando dolore di varia intensità.

La risoluzione di questo disturbo deve passare attraverso lindividuazione della causa che lo ha creato.

Sarà fondamentale quindi effettuare una visita specialistica odontoiatrica per diagnosticare la presenza di difetti dello smalto, carie, fratture dentali, recessioni gengivali o abrasioni. Inoltre, bisognerà sincerarsi della presenza di abitudini predisponenti (come l’assunzione di bevande, cibi acidi o metodiche di spazzolamento traumatico), correggendole o modificando alcuni comportamenti.

L’ipersensibilità lieve legata ad esposizione della radice può essere gestita e risolta tramite l’utilizzo domiciliare di dentifrici, gel o collutori desensibilizzanti. Se il problema persiste, l’odontoiatra identificherà la procedura più idonea a risolvere questo fastidioso sintomo. Una soluzione alternativa per il trattamento della ipersensibilità legata ad esposizione della radice (recessione gengivale) del dente è la copertura della radice con un tessuto gengivale. Tale copertura può essere ottenuta mediante interventi di chirurgia plastica parodontale, efficaci nel ripristinare una corretta anatomia della gengiva. Con queste procedure è possibile risolvere non solo l’ipersensibilità dentinale, ma anche eventuali problematiche estetiche correlate alla recessione. Una valutazione specialistica da parte del parodontologo può identificare l’indicazione a  tale trattamento.

Cura dei denti. Consigli utili per salvare lo smalto… e il sorriso

Quanti sanno che basterebbe una cannuccia per proteggere i denti dagli acidi delle bevande? E che sarebbe meglio aspettare mezz’ora prima di lavarsi i denti dopo aver mangiato alcuni cibi?

Solo 13 persone su cento sanno che un consumo eccessivo di vegetali e frutta acida (dai pomodori agli agrumi) può danneggiare lo smalto dei denti. Lo rivela l’Accademia di odontoiatria conservativa, secondo cui moltissimi italiani di ogni età hanno segni di erosione dello smalto ma pochi ne conoscono le cause o i sintomi: appena l’8 per cento sa che i denti ingialliti sono un segnale, solo uno su tre che lo è l’ipersensibilità a caldo e freddo. E circa la metà crede (a torto) che lo smalto possa rigenerarsi.

«Il deterioramento è dovuto all’aggressione da parte di acidi nel cibo o in bevande come le spremute di agrumi o le bibite gasate, soprattutto se sorseggiate a lungo senza dare tempo alla saliva di ripristinare il ph orale: basterebbe una cannuccia per ridurre il contatto, ma pochi lo sanno», spiega Lorenzo Breschi, presidente AIC. Per una dieta green ma salva-sorriso è meglio optare per gli ortaggi meno acidi e fibrosi come sedano, broccoli e verdura a foglia, che aiutano anche a “spazzolare” i denti mentre si mastica, e come frutta preferire mele non troppo dolci. «Dopo aver mangiato cibi acidi è bene aspettare mezz’ora prima di lavare i denti con un dentifricio al fluoro per favorire la remineralizzazione: farlo subito significa aggredire di più uno smalto “ammorbidito”. È importante prevenire l’erosione, perché uno smalto fragile aumenta moltissimo il rischio di carie».

Studio Bergamaschi Gilardoni – Dentista a Treviglio, in provincia di Bergamo

Fonte: iodonna.it

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Le regole semplici per avere denti e bocca al top

Lavare bene i denti non è scontato: se non si è imparato l’approccio giusto è facile che i comportamenti sbagliati proseguano fino all’età adulta, mettendo in pericolo la salute di bocca e gengive. L’errore più frequente? Spazzolare da destra a sinistra è sbagliato! Evita di andare in senso orizzontale: il modo giusto è dall’alto al basso e viceversa, ecco come fare per dedicare la giusta attenzione alla tua dentatura.

TECNICA DI SPAZZOLAMENTO – La pubblicità è spesso un cattivo esempio per quanto riguarda il corretto lavaggio dei denti, perché si vedono persone che usano lo spazzolino muovendolo in senso orizzontale. Ricorda che è necessario tendere la bocca ben aperta: parti dalle gengive e procedi verso il dente. Spazzola dalla gengiva in su, nel caso dell’arcata inferiore e dalla gengiva in giù per l’arcata superiore. È facile da ricordare: dal rosso della gengiva sempre verso il bianco del dente. Il motivo? È lo stesso movimento che faresti per pulire un pettine: lo sporco si annida tra un dente e l’altro, quindi per rimuoverlo in modo più efficace è necessario partire dalla base e andare verso la punta.

I MOVIMENTI CORRETTI – Prima si dovrebbe agire con la spazzolino massaggiando la superficie del dente con un movimento rotatorio, dolce, poi spazzolando in senso verticale, come abbiamo detto, dall’alto verso il basso per l’arcata superiore e viceversa nel caso dell’arcata inferiore. Per effettuare un buon lavaggio bisogna spazzolare ogni dente. Parti dai molari, sopra o sotto, e procedi verso il centro della bocca. Poi spostati dalla parte opposta, procedendo dai molari, per esempio di sinistra, al centro. Infine, prima un’arcata (o l’inferiore o la superiore), poi l’altra.

CONTA IL TEMPO – Secondo alcuni studi le persone tendono a utilizzare meno di un minuto per lavarsi i denti: troppo poco per una corretta igiene orale. La strategia? Esci dal bagno. Stare davanti allo specchio inganna perché sembra di aver impiegato un numero superiore di minuti rispetto a quello effettivo. Passeggia per casa, oppure dai un’occhiata alla tv. Lo consigliano anche diversi dentisti, perché per lavarsi bene i denti non serve guardarsi allo specchio oppure continuare a bagnare lo spazzolino con l’acqua: anzi, gira la manopola del rubinetto… farai un favore alle bollette, ma anche all’ambiente. L’importante è concentrarsi sui movimenti giusti.

IL DENTIFRICIO – La dose di dentifricio da utilizzare non è quella che si vede in tv! La quantità corretta è della dimensione di un pisello, o la punta di un mignolo. Troppo dentifricio toglie aderenza, invece è importante spazzolare la superficie del dente di modo che l’azione di sfregamento delle setole sia efficace. Inizia dalle parti più nascoste, ovvero i molari e i denti dietro la lingua, per poi procedere verso canini e incisivi, più facili da pulire. Ricorda che lo spazzolino deve passare anche sulle gengive e, soprattutto, lungo la linea dove inizia il dente, luogo in cui si accumulano residui e sporco. Lo spazzolino non deve essere troppo duro: setole di durezza media o morbida ti consentiranno di spazzolare energicamente ma con dolcezza, senza danneggiare denti e gengive.

DA NON DIMENTICARE – Prima di terminare l’operazione, ricorda che… anche la lingua va pulita! La moltiplicazione batterica porta all’accumulo della placca, per questo è importante pulire in profondità ogni zona della bocca. Passa lo spazzolino con dolcezza sulla lingua, dall’interno alla punta. Passando la lingua sulla superficie dei denti devi poter sentire una sensazione di liscio e pulito. Poco utilizzato, il filo interdentale è fondamentale per una pulizia completa. Chewing gum e colluttorio? Non sostituiscono lo spazzolino: in particolare, il colluttorio non va utilizzato quotidianamente, bensì per contesti specifici e brevi periodi. Se passi molte ore della giornata fuori casa tieni uno spazzolino in borsa, sarà un valido aiuto per il tuo benessere di ogni giorno.

Masticare contro l’Alzheimer

La popolazione invecchia sempre più e con gli anni che aumentano per ognuno di noi aumenta anche la probabilità di sviluppare un decadimento cognitivo che porta progressivamente a perdita di memoria, difficoltà di ragionamento e progressiva riduzione delle interazioni sociali. Le ragioni che portano ad una progressiva riduzione della prestazione mentale sono molte ma numerosi studi indicano un’associazione stretta tra l’assenza dei denti, il decadimento cognitivo e il rischio di sviluppare una demenza. Le cause di questa correlazione non sono del tutto note ma alcune ricerche suggeriscono che avere meno denti significhi masticare meno e che questo a sua volta possa comportare una riduzione del flusso di sangue al cervello con una compromissione della sua funzionalità.

Una nuova ricerca portata a termine dal Karolinska Institutet di Stoccolma sembra confermare questa ipotesi. In un campione di 557 persone di 77 anni e oltre si è visto che una maggiore difficoltà a masticare si traduce in un rischio aumentato di sviluppare un decadimento cognitivo e una demenza. Questa correlazione non risulta influenzata da altri fattori come l’età, il sesso, il livello di educazione e lo stato di salute complessivo della persona. Questo studio è interessante non solo perché suggerisce quanto importante possa essere la cura dei denti ma soprattutto perché è un ulteriore conferma di come le malattie che ci colpiscono in età avanzata siano multifattoriali e dipendano cioè da molteplici fattori  spesso lontani dall’organo oggetto della malattia.
www.ilfattoquotidiano.it
Filippo Ongaro

I denti delle donne sono più fragili?

Più delicate anche nella salute dentale causa l’altalena ormonale, ma le soluzioni non mancano. La carta vincente è una corretta igiene orale con l’aiuto dello spazzolino elettrico.

Mal di denti in gravidanza? C’è un motivo. Numerose ricerche infatti affermano che i denti delle donne sono più fragili e si deteriorano più velocemente. A monte gli sbalzi ormonali causati dalla gravidanza e dalla menopausa. “Il deterioramento dentale dipende dalla saliva che muta la sua composizione protettiva durante le varie fasi della vita”, dice Marco Chiellini, fondatore dell’unico studio dentistico italiano dedicato al sorriso femminile. “La saliva ha un ruolo molto importante nella protezione del cavo orale che cambia con la fluttuazione ormonale. Durante la gestazione aumenta l’acidità in bocca, portando ad avere appunto mal di denti in gravidanza con gengive più dolenti, gonfie e sanguinolente, mentre in post menopausa cambia il valore di Ph che diventa inferiore, con un aumento di denti cariati, persi o otturati”.

La risposta immunitaria di tipo infiammatorio manifestata dai long haulers (così vengono chiamate le persone con sintomi persistenti da covid) potrebbe fornire un’altra possibile spiegazione. I disagi potrebbero essere legati a una reazione difensiva al virus stesso e non tanto all’infezione in sé. Altre malattie infiammatorie note hanno come “effetto secondario” proprio le gengiviti.

Oltre al cambiamento fisico, il profilo ormonale incide anche sulla salute della bocca. “L’erosione dentale è una delle conseguenze più negative”, continua l’esperto. “Accade quando si è completamente esposti a una salivazione più acida a causa della nausea mattutina. L’acido può erodere lo smalto dei denti e causare la loro perdita. È quindi importante lavarsi i denti in modo accurato dopo aver rimesso, sciacquando la bocca con un cucchiaino di bicarbonato sciolto nell’acqua per rimuovere ogni traccia di acido. Un altro problema che può verificarsi è la gengivite, può determinare la fase iniziale di una malattia parodontale più grave, nota anche per la correlazione di nascite con bambini dal peso molto basso. Infine la gravidanza tende a far aumentare il senso di appetito, con una maggiore richiesta di cibo soprattutto dolce, questo causa un circolo vizioso che porta all’aumento di batteri nella bocca e di conseguenza alla comparsa di carie. È quindi tassativo limitare gli zuccheri che si trasformerebbero in acido sullo smalto dentale”.

In che modo i termini “denti e menopausa” possono ritrovarsi accostati? Basti pensare che i denti hanno a che fare con una struttura ossea. E durante la menopausa, gli estrogeni e il progesterone, entrambi secreti dalle ovaie, diminuiscono. Sono soprattutto gli estrogeni che subiscono una netta diminuzione, e questo deficit può causare l’osteoporosi che coinvolge anche il distretto dentale. “Gli estrogeni, infatti, hanno anche la funzione di proteggere il tessuto osseo”, spiega Chiellini. “L’osteoporosi può quindi causare una perdita di densità ossea alveolare e un aumento dei dolori alla mandibola. Non solo, è presente una minor quantità di saliva, che rende più facile ai batteri aggredire i denti, causando danni gengivali, nel caso intervenisse una recessione delle gengive e il dente restasse scoperto. Un altro disagio è la bocca secca, dovuta alle alterazioni degli ormoni. I sintomi principali sono: il bruciore alla bocca e alla lingua, la sensibilità gengivale, la difficoltà a chiudere bene le labbra, l’alterazione del gusto e talvolta anche l’alitosi. In questi casi è utile bere molta acqua per idratare quanto più possibile le labbra e il cavo orale”.

Il primo step è seguire una corretta igiene orale. Un controllo dal dentista, almeno una volta l’anno andrebbe fatto, anche per sottoporsi alla pulizia dei denti. La placca può essere causa di gengiviti e piccole lesioni gengivali, per questo oltre a un lavaggio quotidiano accurato è necessario un’ablazione del tartaro eseguita dal dentista. “Numerosi studi clinici hanno dimostrato che la pulizia mediante uno spazzolino elettrico non è paragonabile a quella di uno manuale, poiché bisognerebbe spazzolarsi i denti per almeno 4 minuti, tempo che difficilmente una persona rispetta”, dice Filippo Graziani, odontoiatra e professore ordinario all’Università degli Studi di Pisa. “Lo spazzolino elettrico, invece, richiede solo 2 minuti e oscilla 145 volte al secondo avanti e indietro sulla superficie del dente, cosa impossibile per uno spazzolino manuale, di conseguenza è molto più efficace nel rimuovere la placca e nel prevenire la gengivite”.

Fonte: vogue.it

Il Covid19 può dare problemi anche ai denti?

Alcuni casi di caduta improvvisa di denti in pazienti che si trascinano da mesi i sintomi da covid fanno pensare a effetti collaterali nel cavo orale.

In questi difficili mesi abbiamo imparato che la CoViD-19 è una malattia sistemica: tra i sintomi più strani che può recare ci sono la perdita di olfatto e gusto, la comparsa di eruzioni cutanee, gonfiore e rossore delle dita dei piedi, la caduta dei capelli. A questa lista potrebbero aggiungersi in futuro alcune patologie dentali che sembrano interessare i pazienti con long covid e che, anche a distanza di mesi, non sembrano essersi del tutto ripresi dall’infezione.

Diverse persone che si sono negativizzate da mesi, ma che ancora accusano i sintomi dell’infezione, hanno riferito problemi alle gengive, scolorimento e perdita improvvisa dei denti non accompagnata da sangue o fastidi. Per ora si tratta soltanto di aneddoti e vicende riportate nei gruppi di sostegno post covid fioriti in Rete in questi mesi: al momento non ci sono studi scientifici che documentino un effetto della malattia su denti e cavo orale. In assenza di dati e con pochi episodi disponibili, molti dentisti non si sentono di confermare un legame tra l’infezione da SARS-CoV-2 e la salute di denti e gengive. Ma se si scoprisse un collegamento, non sarebbe del tutto privo di logica.

Il nuovo coronavirus attacca i vasi sanguigni e può portare alla formazione di coaguli. E se il sangue non riesce a raggiungere organi e tessuti si possono creare danni estesi, come quelli osservati in altri organi. Le gengive sono riccamente vascolarizzate e lo è anche la polpa dentaria, il tessuto molle e “vivo” all’interno del dente, raggiunto dalle terminazioni nervose. I danni vascolari causati dalla covid potrebbero persistere anche dopo l’effettiva guarigione e ostacolare il passaggio di sangue e l’ossigenazione in questi tessuti: ciò potrebbe spiegare la perdita improvvisa dei denti anche in persone molto giovani e senza affezioni del cavo orale. Un’ostruzione dei vasi sanguigni spiegherebbe anche l’assenza di sangue riportata da alcuni pazienti, una circostanza inusuale, quando si perde un dente.

La bocca è inoltre ricca di recettori ACE2, i cancelli di ingresso che il coronavirus sfrutta per accedere alle cellule. Il cavo orale potrebbe quindi rappresentare l’ambiente di riproduzione ideale del virus e risentire dei suoi effetti diretti. Anche altri virus noti, come quelli dell’herpes o della malattia mano-piede-bocca (Coxsackie), infettano direttamente questa parte del corpo.

La risposta immunitaria di tipo infiammatorio manifestata dai long haulers (così vengono chiamate le persone con sintomi persistenti da covid) potrebbe fornire un’altra possibile spiegazione. I disagi potrebbero essere legati a una reazione difensiva al virus stesso e non tanto all’infezione in sé. Altre malattie infiammatorie note hanno come “effetto secondario” proprio le gengiviti.

Fonte: focus.it

GreenLife: avere un impatto zero quando si curano i denti è possibile

Pochi e semplici trucchi per migliorare il proprio impatto ambientale, anche mentre si lavano i denti.

Ogni individuo sulla terra, mediamente, cambia lo spazzolino con una frequenza trimestrale. Quattro spazzolini all’anno, moltiplicato per sette miliardi e mezzo di persone significano trenta miliardi di spazzolini annui.

Lo spreco di plastica dietro ad una pratica così necessaria e comune come quella di lavarsi i denti è immensa, ma avere un approccio più sostenibile non è impossibile.

Solitamente, gli spazzolini vengono prodotti in nylon e plastica non riciclabile, ma in commercio esistono diverse soluzioni plastic-free molto valide e per niente dispendiose a livello economico. Primo tra tutti è lo spazzolino in bambù, 100% riciclabile ed altamente ecosostenibile. Un’altra soluzione sono gli spazzolini composti da amido di mais, riciclabili nel compost e quindi a impatto zero. Una alternativa molto valida sono, invece, quegli spazzolini manuali con la testina intercambiabile che, mantenendo in utilizzo il manico, possono evitare un cospicuo utilizzo di plastica.

Altri semplici accorgimenti per ridurre al minimo l’impatto ambientale sono: spegnere l’acqua mentre si spazzolano i denti, optare per dentifrici e collutori che riportano ingredienti più naturali e fare attenzione al packaging, sia degli spazzolini che dei dentifrici.

Optare per un comportamento sostenibile richiede poche e modeste accortezze che però portano benefici non indifferenti a livello di benessere collettivo. Cosa aspetti?

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